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Sub romano sbranato da uno squalo in Egitto. Ma è giallo sulla ricostruzione

Sigismondo Valente
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Stava facendo snorkeling davanti al molo di attracco del Sataya Resort di Marsa Alam, sul Mar Rosso, di cui era ospite, quando un’ombra si è avvicinata diventando sempre più nitida e mortale. L’animale che ha aggredito due italiani è noto, è uno squalo, ma la dinamica di ciò che è avvenuto nella tarda mattinata di ieri è ancora lontana dall’essere stata chiarita. Vittima dell’attacco Gianluca Di Gioia, 48 anni compiuti il 21 dicembre, originario di Roma, morto a causa delle gravi ferite riportate. L’altro, Peppino Fappani, 69enne cremonese, se l’è cavata con qualche ferita superficiale e il rimorso di non essere riuscito a salvare il suo compagno di avventure. Perché pare che lui ci abbia provato a strappare Gianluca delle fauci dello squalo, tuffandosi dal molo, come racconta la moglie. Ma i suoi sforzi sono stati vani. Gianluca non ce l’ha fatta. Giuseppe Fappani è stato invece medicato all’ospedale di Porto Ghalib.

 

 

Secondo quanto hanno riferito le autorità locali, confermate dal ministro dell’Ambiente egiziano, Yasmine Fouad, l’aggressione si sarebbe verificata in acque profonde e al di fuori dell’area balneabile, tesi però contestata dalla moglie di Fappani, che avrebbe dunque parlato con il marito dopo l’attacco, secondo la quale Di Gioia stava nuotando nell’area di sicurezza. E il giallo di questa storia, di cui conosciamo però il killer, è proprio questo. Attraverso una serie di fotografie che pubblichiamo e immagini satellitari, abbiamo cercato di ricostruire la conformazione geografica del luogo dell’incidente. Dove finisce il pontile la barriera corallina si interrompe e inizia l’abisso. Il verde smeraldo diventa blu profondo, e non è un caso: quella "buca" naturale permette a piccole imbarcazioni di penetrare nella barriera e poter ormeggiare al pontile del Sataya Resort. La buca, quasi circolare, ha un diametro di una cinquantina di metri, la stessa distanza che separa la fine del molo dal limite più esterno della barriera corallina, dove è ben visibile, sia da terra che dal satellite, una fila di boe. Potrebbe trattarsi delle boe che sostengono la rete antisqualo che ogni resort che si affaccia sul Mar Rosso deve avere obbligatoriamente. Una linea oltre la quale la balneazione è vietata, una linea che separa la vita dalla morte.

 

 

La vittima dell’attacco dello squalo, secondo una prima ricostruzione, stava nuotando a una cinquantina di metri dal molo, proprio lì dove galleggiano le boe arancioni. Quindi o in quel momento la rete non c’era, oppure si era avventurato oltre quella linea salvavita. Potrebbe esserci anche una terza ipotesi, ma sembra piuttosto lontana, ovvero che lo squalo sia riuscito a superare le reti e penetrare nella piccola baia dove in quel momento Di Gioia stavano facendo snorkeling. Immediata la risposta delle autorità egiziane, che da anni devono fare i conti con gli attacchi degli squali e dall’altra cercare di salvaguardare il più possibile il turismo sul Mar Rosso. Tra le misure prese è scattata la chiusura dell’area per 48 ore, con l’innalzamento dei livelli di allerta, ed è stata ordinata la formazione di un comitato urgente di esperti in coordinamento squali con l’obiettivo di adottare misure precauzionali per proteggere sub e bagnanti dagli attacchi. In passato, dopo alcune aggressioni, sono scattate vere e proprie battute di caccia per allontanare il più possibile gli squali responsabili degli attacchi ai bagnanti. Per ora non si sa neanche di che tipo di squalo si tratti, dal momento che nel Mar Rosso vive una decina di specie di squalo. I responsabili della maggior parte degli attacchi, però, sono tre: lo squalo toro, lo squalo tigre e il longimano, conosciuto come "pinna bianca oceanico" o "ala lunga". Il più imprevedibile e pericoloso dei tre.

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