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Roma, Papa Francesco apre la Porta Santa a Rebibbia. “Spalanchiamo il cuore”

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Il Papa ha aperto la seconda porta del Giubileo della speranza. Per la prima volta in un carcere: a Rebibbia. Prima del gesto di grande significato simbolico, Bergoglio ha pronunciato alcune parole a braccio: «La prima porta santa l’ho aperta in San Pietro, ho voluto che la seconda fosse qui in un carcere. Perché tutti qui, dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude». Ad accoglierlo il Pontefice c'erano il ministro della Giustizia Carlo Nordio. il sindaco Roberto Gualtieri, il prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione il cardinale José Tolentino de Mendonça e l’artista che ha realizzato un’opera per i detenuti dedicata all’apertura della Porta Santa: ’Aprire una porta dove tutti chiudono'.

 

 

Papa Francesco, nella breve omelia, ha spiegato ai detenuti di Rebibbia il senso dell’apertura di una Porta Santa in carcere: «Care sorelle cari fratelli, buongiorno e Buon Natale. Ho voluto spalancare la porta oggi qui, un bel gesto quello di spalancare, aprire, ma più importante quel che significa cuori aperti, questo dà la fratellanza. I cuori chiusi non aiutano. E soprattutto aprire i cuori alla speranza che non delude ma. Nei momenti brutti - ha osservato il Santo Padre - uno pensa che sia tutto finito ma la speranza non delude mai. È come l’ancora sulla riva a terra e noi siamo lì sicuri. Non perdere la speranza. Il messaggio è per tutti noi. Io il primo. A volte la corda fa male alle mani, ma sempre con la corda in mano guardando la riva. Sempre c’è qualcosa di buono. Mano nella corda e porte spalancate, soprattutto quella del cuore. Il cuore chiuso si dimentica della tenerezza. Sempre il cuore aperto che ci fa fratelli. Spalancate le porte del cuore, ognuno sa dove la porta è chiusa o semi chiusa. Mano nella corda e spalancate le porte del cuore. Abbiamo spalancato questa che è un segnale. Vi auguro un gran Giubileo, molta pace e tutti i giorni prego e penso a voi. È vero, non è un modo di dire».

 

 

Il Papa, al termine della messa celebrata a Rebibbia dopo l’apertura della Porta Santa, ha incoraggiato di nuovo i detenuti: «Adesso non dimentichiamo due cose da fare con le mani: aggrapparsi alla corda ancora di speranza, mai lasciarla. Seconda: cuori aperti. Il Signore ci aiuti in tutto questo». Alle parole del Papa è seguito l’applauso di detenuti e detenute, che poi hanno offerto al Papa alcuni doni: dagli uomini del Nuovo Complesso, la riproduzione in miniatura della porta della Chiesa del Padre Nostro, creata all’interno del laboratorio «Metamorfosi» utilizzando i legni dei barconi dei migranti; dalle donne di Rebibbia femminile, un cesto contenente olio, biscotti, ceramiche e bavaglini, frutto del loro lavoro. Anche l’Amministrazione Penitenziaria ha omaggiato il Santo Padre con un quadro: un dipinto che raffigura un Cristo salvifico realizzato dall’artista Elio Lucente, ex poliziotto penitenziario. A sua volta, ha spiegato mons. Rino Fisichella, a capo della macchina organizzativa del Giubileo, Bergoglio ha donato ai detenuti una riproduzione della Porta Santa e una pergamena a ricordo della visita giubiliare «come segno di speranza, per recuperare fiducia d stima da parte della società».

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