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Jihadisti d'Italia, due ragazze alla guida del gruppo terroristico Dawa

Due giovani, una pakistana cresciuta e residente a Bologna e un’algerina cresciuta e residente a Spoleto (Perugia), erano alla guida del gruppo «Dàwa Italia», associazione terroristica di ispirazione salafita-jihadista declinata in chiave takfirista sgominata questa mattina dai Carabinieri del Ros. I militari hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari, emessa dal gip del Tribunale di Bologna nell’ambito di indagini coordinate dal Dipartimento Antiterrorismo della Procura bolognese, nei confronti di 5 giovani di origine straniera, residenti nelle province di Bologna, Milano, Perugia e Udine. Quattro sono degli indagati sono accusati di avere costituito l’associazione terroristica con l’obiettivo di promuovere, consolidare e rafforzare le formazioni terroristiche Al Qaeda e Stato Islamico. In particolare, attraverso la propaganda di contenuti jihadisti e al reclutamento di nuovi adepti alla causa, gli indagati si sarebbero dimostrati pronti a raggiungere i territori controllati dalle milizie jihadiste in Africa e Siria, circostanza che si sarebbe già concretizzata per uno dei sodali che avrebbe abbandonato l’Italia per recarsi nel Corno d’Africa prima dell’emissione del provvedimento cautelare eseguito oggi.

 

Per quanto riguarda il quinto giovane, fratello della principale indagata del gruppo, si ipotizza nei suoi confronti l’avvio di un processo di radicalizzazione proprio sotto l’egida della sorella, e a suo carico l’autorità giudiziaria contesta l’ipotesi dell’addestramento finalizzato a un possibile arruolamento nell’ambito di organizzazioni terroristiche jihadiste. Tutti i soggetti avrebbero operato sul territorio nazionale, attraverso la rete internet.

L’inchiesta, condotta con il coordinamento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, è stata avviata nel settembre 2023 partendo dall’azione di monitoraggio sui circuiti radicali di matrice jihadista, con particolare attenzione alla diffusione di contenuti di propaganda attraverso la rete. Le investigazioni si sono concentrate in prima istanza sul ruolo ricoperto da una giovane pakistana cresciuta e residente a Bologna, la quale, evidenziando particolare attivismo ed emergendo per l’incessante opera di proselitismo, è stata sin da subito in grado di coinvolgere un’altra giovane di origine algerina cresciuta e residente a Spoleto, insieme alla quale avrebbe formato un gruppo a sé stante dedito alla propaganda e denominato appunto «Dàwa», che in arabo significa «chiamata», intesa nella sua accezione di invocazione ad abbracciare la «giusta» versione dell’Islam.

Gli ulteriori approfondimenti hanno permesso di identificare altri membri del gruppo, in particolare un giovane cresciuto a Milano che si ritiene essersi unito alle milizie jihadiste nel Corno d’Africa e un altro di origine turca, da molti anni residente tra le provincie di Gorizia e Udine dove risultava ben inserito nel tessuto socio-economico della zona. Il percorso di radicalizzazione, è stato constatato nel corso delle indagini, è stato facilitato dall’isolamento forzato nel periodo del Covid. Nel corso delle indagini è stato possibile assistere ad una rapida evoluzione nelle intenzioni degli indagati di non limitare il loro impegno alla sola propaganda di contenuti jihadisti, ma di ampliare il raggio d’azione verso nuovi soggetti oltre a ricercare contatti al di fuori del territorio italiano per cercare di raggiungere ei territori controllati dalle milizie jihadiste.