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Vaticano, il post Bergoglio divide il Concistoro: i 21 nuovi cardinali e la guerra tra cordate

Francesco Capozza
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 Con la nuova infornata cardinalizia di ieri in cui Papa Francesco ha imposto la berretta rossa a 21 nuovi membri del “Senato della Chiesa”, si va delineando in via pressoché definitiva la struttura del collegio elettorale che prenderà parte al prossimo Conclave, quel consesso chiamato a scegliere il successore di Bergoglio. Ecco perché Papa Francesco esorta i nuovi cardinali a essere «costruttori di unità», fondamentale in un periodo in cui le spaccature prevalgono a ogni livello. «Il Signore continua - vi chiama a essere testimoni di fraternità, artigiani di comunione. L’avventura della strada, la gioia dell’incontro con gli altri, la cura verso i più fragili. Questo deve animare il vostro servizio».

 

Un chiarimento dall’ufficio stampa della Santa Sede viene effettuato anche rispetto all’ematoma, riportato sotto al volto dal pontefice. Secondo il portavoce Matteo Bruni il pontefice sarebbe sbattuto contro un comodino. Smentite, dunque, tutte le ricostruzioni circolate negli ultimi giorni, tra cui quelle di un’animata discussione all’interno del Vaticano.

Le nuove nomine, comunque, non bastano a rendere in discesa il percorso verso l’elezione del futuro capo della Chiesa globale. Troppo facile affermare che, avendo l’attuale pontefice nominato più dell’80% dei cardinali elettori, i giochi siano già fatti. Non è affatto così, e lo provano non solo la storia dei Conclavi, ma anche l’attuale composizione del collegio cardinalizio. Una annotazione si ritiene doverosa per il lettore: non tutti i cardinali possono eleggere il Papa, ma solo quelli che non hanno compiuto 80 anni al momento in cui la Sede Apostolica diviene vacante. Questa disposizione è stata normata da Papa Paolo VI con il Motu Proprio Ingravescentem Aetatem del 1970, a cui poi si sono attenuti anche i suoi successori, compreso l’attuale.

Con ulteriore normativa, questa in forma di Costituzione Apostolica, la Romano Pontifici Eligendo del 1975, Papa Montini stabilì che il tetto massimo degli elettori under ottanta fosse fissato al ragguardevole numero di 120. Entrambe le prescrizioni sono ancora in vigore e confermate dalla successiva Costituzione Universi Dominici Gregis di Giovanni Paolo II, emanata nel 1996 e leggermente ritoccata da Benedetto XVI pochi giorni prima di lasciare per sempre il papato.

 

L’attuale Collegio cardinalizio, a seguito della creazione dei 21 nuovi presuli avvenuta ieri, è quindi attualmente così composto: 140 (Bergoglio ha sforato di ben 20 unità) sono i porporati che in caso di Sede Vacante entrerebbero nella Cappella Sistina per eleggere il nuovo Papa, 112 gli ultraottantenni che ne rimarrebbero fuori (nei due Conclavi del 1978, i primi dopo le nuove disposizioni montiniane, i non elettori furono appena 14).

Focalizzando l’attenzione sugli elettori del futuro pontefice, 6 sono stati creati da Giovanni Poalo II, 24 ma scenderanno a 23 la Vigilia di Natale, quando il cardinale indiano Oswald Gracias compirà 80 anni - da Benedetto XVI e i restanti 110 da Francesco. Facile quindi pensare che il prossimo Papa sarà una fotocopia dell’attuale, avendo egli plasmato gli elettori a propria immagine e somiglianza. Nella realtà non è affatto così, perché Bergoglio, che segue una linea tutta sua per le nomine, senza consultare nessuno e andando a simpatie del momento, coltiva in realtà molte serpi in seno. Basterebbe solo citare gli attuali 27 cardinali africani, contrarissimi alle aperture papali messe per iscritto nella Fiducia Supplicans (la dichiarazione sulla benedizione delle coppie non sposate e omosessuali), capeggiati dal presidente della conferenza episcopale del Congo, il potentissimo cardinale Fridolin Ambongo Besungu. Come sempre accaduto in passato, «morto un Papa, se ne fa un altro» e, la storia insegna, diverso, se non proprio antitetico, dal precedente. Solo per citare gli ultimi Conclavi va infatti ricordato che nel 2013 il corpaccione elettorale che elesse Bergoglio fu il più conservatore dei tempi recenti: tutti i cardinali che vi presero parte erano infatti stati creati da Ratzinger e Wojtyla.

Prima ancora, nel 1978, i partecipanti ai conclavi di agosto e di ottobre di quell’anno indirizzarono i proprivoti su cardinali “conservatori”, pur essendo il Collegio elettorale di allora totalmente nominato dal “progressista” Paolo VI. Nel primo, la lotta per la tiara fu tra l’ultraconservatore e delfino di Pio XII Giuseppe Siri e il patriarca di Venezia Albino Luciani, anch’egli, a dispetto delle ricostruzioni postume, molto schierato a favore di una Chiesa “tradizionale”. Nel secondo, dopo l’inutile lotta tra il sempiterno Siri e il montiniano Benelli, si trovò l’accordo dell’assemblea su Karol Wojtyla, giovane esponente della Chiesa più tradizionalista d’Europa, quella polacca. Si potrebbe andare a ritroso nel tempo ancora per molto, ma quanto scritto è sufficiente ad affermare che, attualmente, solo una cosa pare essere certa: dopo Francesco non ci sarà un suo duplicato.

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