sindacati e rivolta sociale
Landini l'incendiario: uova, fuoco e vernice rossa nelle piazze contro il governo
Le scene che più rappresentano questo venerdì di sciopero generale sono a Torino, dove in un corteo connesso alla mobilitazione, cui partecipavano attivisti ProPal, vengono date alle fiamme immagini raffiguranti Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Guido Crosetto e il Ceo di Leonardo, Roberto Cingolani. Vengono lanciate anche uova, vernice rossa fumogeni contro le forze dell’Ordine. È l’ennesima eruzione di odio, in una lunga successione di piazze che ne ha vista una gran quantità. Di fronte a tutto ciò e agli immancabili rischi connessi, non può che maturare una riflessione sul senso delle parole del Segretario Cgil Maurizio Landini, che da settimane invoca la «rivolta sociale», pur dandone, quando viene sottolineata la gravità di quest’espressione, una spiegazione quasi metaforica. Rivolta sociale, argomenta lui, significa interessarsi ai problemi dei più deboli, dei lavoratori poveri o di chi il lavoro non ne ha. E mobilitarsi. Esisterebbero mille e più modi per dirlo senza avvicinarsi pericolosamente al confine che corre tra il lanciare un messaggio forte e il soffiare sul fuoco.
Anche ieri, Landini non è stato da meno. A corredo di questa mobilitazione che ha promosso insieme alla Uil, ha detto: «Vogliamo rivoltare come un guanto questo Paese e per farlo c'è bisogno della partecipazione di tutte le persone. La rivolta sociale, per noi, significa proprio dire che ognuno di noi non deve voltarsi da un'altra parte di fronte alle ingiustizie, anzi, deve passare l'idea che il problema mio è il problema di tutti e che solo mettendoci insieme possiamo cambiare questa situazione». Sì, è chiaro, «rivoltare come un guanto». Puoi lavorare di metafore quanto vuoi, ma quando collateralmente a certe iniziative accade ciò che si è visto a Torino, diventa tutto preoccupante. Soprattutto sul modo di condurre l’impegno alla guida di un Sindacato. Quest’ultimo, infatti, dovrebbe concorrere, attraverso la rappresentanza, alla coesione sociale, non alla frammentazione. Anche se ieri Landini ha rivendicato ragioni politiche della sua modalità di guidare la sigla («Siamo stati accusati di non fare i sindacalisti e ci è stato detto che facciamo politica. Si è assolutamente vero. Noi tutti assieme facciamo politica»), la gravità delle parole non viene per nulla lenita. E rileva in ciò l’ennesima prova di doppia morale della sinistra, dove come noto la radiografia sulle parole altrui viene praticata con un certo zelo, mentre su quel che accade nel proprio mondo, satelliti inclusi, vi è totale indulgenza.
Così ieri, per dire, Elly Schlein era in piazza a Roma. Bonelli e Fratoianni a Bologna. Da quelle parti non è mai giunta, in queste settimane, la minima critica ai toni alti di Landini. Nel centrodestra, invece, le reazioni sono molteplici, sia sulla posizione di Landini, sia su quanto accaduto a Torino. «Insulti, scontri con le forze dell’ordine, a loro va tutta la nostra solidarietà, foto bruciate. I soliti "democratici", tolleranti solo con chi la pensa come loro. Penosi». Dice il vicepresidente del consiglio e leader della Lega Salvini a proposito dei fatti torinesi. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, anch’egli spesso bersaglio di odio evocato, sottolinea che quanto avvenuto «richiama momenti violenti, intolleranti, oscurantisti della storia italiana ed europea». Su Landini, invece, il vicepremier e Segretario Nazionale di Forza Italia Antonio Tajani osserva: «Ancora una volta un linguaggio fondamentalista, un sindacalista dovrebbe parlare dei diritti dei lavoratori, invece minaccia la rivolta sociale». Da Fratelli d’Italia, il capogruppo alla Camera Tommaso Foti accusa il leader Cgil: «sceglie di alimentare ancora una volta tensioni e divisioni che possono diventare pericolose micce sociali».