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Migranti, così le Ong anticipano la Libra per non mandare i clandestini in Albania

Tommaso Manni
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Il Mediterraneo è da tempo ormai teatro di un braccio di ferro fra la Guardia Costiera e le Ong. Da una parte le autorità marittime che, per tenere le navi delle Organizzazioni non governative fuori dalle aree Sar (Area di ricerca e di soccorso), assegnano porti lontani alle imbarcazioni di soccorso. Solo per fare un esempio la Life Support, la nave di Emergency, da dicembre 2022 al novembre 2023 su 105 giorni trascorsi in mare ne ha impiegati 56 per trovare l’approdo. Dall’altro le imbarcazioni delle Ong che cercano di intercettare i caicchi per evitare che i migranti “idonei” al trasferimento in Albania vengano presi in carico dalla nave Libra; almeno secondo un dossier della Guardia costiera. In particolare tra il 5 e il 6 novembre, contestualmente alle attività relative al protocollo Italia-Albania, le unità Ong hanno navigato in modo tale da spartirsi le aree Sar maltese e libica, anche in funzione delle dimensioni e capacità delle imbarcazioni.

 

 

Le navi più grandi, come l’Ocean Viking, si sono spinte verso la Libia, mentre quelle più piccole come la Trotamar III (con una capienza di 42 persone a bordo) e la Sea Eye 5 (con una capacità di 100 persone a bordo) hanno effettuato una navigazione «intermedia». E nel caso in cui i migranti tratti in salvo avessero superato la capienza della nave, le Ong avrebbero sempre potuto contare sull’intervento della Guardia costiera. In questo modo i migranti «in eccesso» sarebbero potuti essere trasbordati su una nave dell’autorità marittima. Questo permetterebbe agli equipaggi delle organizzazioni non governative di effettuare un primo screening a bordo per trasferire solo quelle persone che provengono da Paesi considerati sicuri. E, al contrario, trattenere a bordo solo quelli che, se intercettati dalla Libra, dovrebbero essere portati nei centri albanesi di Gjader e Shengjin. In particolare, nei giorni presi in esame, la Sea Eye 5 avrebbe trasbordato 31 dei migranti soccorsi su una imbarcazione della Guardia costiera, tutti provenienti da Paesi considerati non sicuri, mantenendo, al contrario, a bordo quelli di nazionalità potenzialmente eleggibili (in particolare 25 tunisini). L’ipotesi delle autorità marittime è che la Sea Eye 5 abbia effettuato uno screening di migranti sulla base della nazionalità.

 

 

Discorso analogo per la Ocean Viking che aveva tratto in salvo migranti provenienti da Paesi sicuri (Bangladesh, Ghana, Gambia e Marocco) non effettuando alcun trasbordo e tenendoli tutti a bordo. Secondo un documento della Guardia costiera «è verosimile ritenere che le quattro Ong» (Nadir, Sea Eye5, Trotamar III e Ocean Viking) «una volta conosciuta la posizione dell’unità della Marina, si siano interposte tra la Libia e la nave militare in modo da poter intercettare la maggior parte delle chiamate di soccorso, presumibilmente con a bordo migranti potenzialmente eleggibili, così come risulta da un primo riscontro delle nazionalità dichiarate dagli stessi a bordo delle Ong (Tunisia, Marocco, etc etc)». Secondo indiscrezioni c’è chi ipotizza un accordo con gli scafisti in modo da conoscere con precisione la posizione in mare dei caicchi e trarre in salvo le persone a bordo. In questa singolare corsa al migrante bisogna ricordare che, secondo i dati raccolti da Frontex, la rotta del Mediterraneo centrale ha visto un forte trend discendente da quando le autorità libiche e tunisine sono scese in campo per fermare le partenze. Il numero di arrivi su questa rotta è diminuito del 62% tra gennaio e ottobre, con 55.227 arrivi. Al contrario la rotta del Mediterraneo orientale ha continuato a crescere, con un aumento del 14% nei primi dieci mesi dell’anno, portando il totale a 54.989.

 

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