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Giulia Cecchettin, un anno fa il femminicidio confessato da Filippo Turetta. La tragica storia

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La prima volta che viene fatto il nome di Giulia Cecchettin è per l'allerta di persona scomparsa. La sera dell'11 novembre 2023, la 22enne di Vigonovo, in provincia di Padova, smette di rispondere, intorno alle 22.43 ai messaggi della sorella, Elena Cecchettin, che studia all'estero. Un silenzio che la inquieta. La telefonata al padre, Gino Cecchettin. Le ricerche, i carabinieri ai quali sporgono denuncia. Giulia Cecchettin era uscita nel pomeriggio con il suo ex, Filippo Turetta, 23enne di Torreglia. Destinazione centro commerciale Nave de Vero, a Marghera, per comprare un paio di scarpe. Nell'agenda della vita di Giulia Cecchettin è segnata una data importante: la laurea in Ingegneria biomedica di lì a qualche giorno. Ma qualcosa, in quel programma verso il suo traguardo, va storto.

Della 22enne, che sognava di disegnare storie e fumetti per bambini, si perdono le tracce. Inizia dal giorno successivo una vicenda che fa stare col fiato sospeso l'Italia intera che, come in apnea, cerca Giulia Cecchettin. Dove sono lei e Turetta? Lui sarà rintracciato solo il sabato successivo in Germania, fermo nella sua auto, una Fiat Grande Punto di colore nero, sulla corsia d'emergenza in autostrada. Il corpo senza vita di Giulia Cecchettin, invece, viene ritrovato dai carabinieri in un anfratto sul lago di Barcis, in provincia di Pordenone. La 22enne è stata uccisa in un parcheggio a Fossò, in provincia di Venezia. La confessione resa al pm di Venezia Andrea Petroni, nell’interrogatorio dello scorso 1 dicembre 2023, lascia senza fiato.

"Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo. È scesa dalla macchina gridando ‘Sei matto, lasciami in pace’. Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anche io ho preso un coltello dalla parte posteriore del sedile del guidatore”, confessa il ragazzo, ora detenuto nel carcere di Verona. “L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava: ‘Aiuto’ ed è caduta – prosegue Turetta - Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio. Mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. L’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva, ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”. Le fasi concitate di quando l’ex studente di ingegneria le mette dello scotch sulla bocca, il tentativo di Giulia Cecchettin di scappare. Turetta la insegue, la raggiunge. “Le ho dato una decina, dodici, tredici colpi con il coltello – afferma – Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia”. Settantacinque, stabilirà l'autopsia.

A fine mese, Turetta tornerà in aula, davanti alla Corte d'Assise di Venezia. Il 23enne rischia l'ergastolo: deve rispondere dell'accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, crudeltà, efferatezza, di sequestro di persona, di occultamento di cadavere e di stalking. La sentenza di primo grado è attesa per il prossimo 3 dicembre. La sorella della vittima, Elena Cecchettin, ha avuto la forza di trasformare una tragedia privata in una battaglia comune, chiedendo di fare "rumore". "Per mia sorella non fate un minuto di silenzio, bruciate tutto", facendo diventare virale una poesia di Cristina Torres-Cáceres, architetta e attivista peruviana. "Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto".

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