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Migranti, italiani cornuti e mazziati. Ai clandestini espulsi paghiamo pure l'avvocato

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Dario Martini
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Decine di milioni di euro spese ogni anno per pagare gli avvocati ai clandestini. Già, perché poco importa che alla fine riescano davvero ad ottenere il diritto all’asilo, i contribuenti italiani, attraverso lo Stato, pagano il patrocinio gratuito a tutti i migranti che arrivano nel nostro Paese. Anche se non hanno documenti possono comunque chiedere, ed ottenere, l’assistenza legale senza sborsare un euro. La legge, infatti, prevede che per poter ricorrere in giudizio, dal primo grado alla Cassazione, contro i provvedimenti delle autorità italiane, basta avere un reddito inferiore agli undicimila euro. Cosa ovviamente, scontata, visto che si dichiarano tutti nullatenenti. La parcella si aggira su 430 euro circa nel civile e circa 800 nel penale. Fare una stima dei costi annui non è semplice. Il patrocinio gratuito in generale, che comprende sia gli italiani che gli stranieri, ammonta a circa 230 milioni di euro. È ragionevole sostenere che la cifra che lo Stato spende in avvocati per i migranti si aggiri su un quarto circa di quel totale. Rappresentano circa il 60% del totale le domande presentate dagli stranieri, e i migranti rientrano ovviamente in questa categoria.

 

 

Anche nel caso dell’Albania funziona così (ieri il ministro della Difesa Guido Crosetto ha incontrato il suo omologo albanese Pirro Vengu). Nel protocollo sottoscritto con Tirana vengono messe nero su bianco le stime di spesa annua per il patrocinio gratuito. Viene fissato il tetto di 500 euro a patrocinio, comprensivo anche del viaggio dell’avvocato in Albania. In totale, la previsione è di 3,2 milioni di euro quest’anno e 6,5 milioni per ogni anno dal 2025 in poi. Anche se è ragionevole ritenere che inizialmente sarà più bassa, visto che i due centri di Shenjin e Gjader al momento sono operativi ad un livello molto basso. Anche grazie al tribunale di Roma, e ad altri giudici da Bologna a Palermo, che hanno deciso di non applicare il decreto Paesi sicuri, unico strumento in grado di rimpatriare i clandestini nei Paesi di origine.

 

 

E, in base agli ultimi pronunciamenti e ricorsi alla Corte di giustizia europea, è molto probabile che facciano lo stesso con gli otto migranti (egiziani e bengalesi) che tra stanotte e questa mattina attraccheranno al porto di Shenjin a bordo della nave Libra della Marina. Questi magistrati ritengono infatti che Egitto e Bangladesh non siano Paesi sicuri, nonostante il governo sostenga il contrario. È la motivazione con cui a metà ottobre la giudice Silvia Albano di Roma, insieme ad altri colleghi, non ha convalidato il trattenimento dei primi dodici migranti che erano stati portati in Albania, facendoli tornare a Bari. Provvedimento contro cui l’Avvocatura dello Stato, ha presentato ricorso in Cassazione. Il verdetto è atteso a inizio dicembre. Intanto, divampa la polemica. «Ogni giorno in Italia si sveglia una toga con la bandiera rossa che smonta una legge. Con il risultato che mandano tutti i migranti qua», dice il vicepremier Matteo Salvini. E Riccardo Magi di +Europa annuncia un accesso agli atti al ministero dei Trasporti e alla Capitaneria di porto proprio sull’Albania.

 

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