l'inchiesta di milano
Inchiesta dossier, il poliziotto: "Non sono riuscito a dire di no". Prime ammissioni
Prime, sommarie ammissioni nell'affaire spioni di Milano. I quattro arrestati (ai domiciliari), accusati di far parte della presunta associazione a delinquere accusata di dossieraggi illeciti, non rispondono alle domande del gip di Milano Fabrizio Filice, ma fanno dichiarazioni spontanee e promettono di chiarire la propria posizione davanti al pm della Dda Francesco De Tommasi, presente agli interrogatori. In questo contesto emergono anche le prime crepe in quello che agli atti viene descritto come un gruppo spregiudicato che con le sue attività costituisce «un serio pericolo per la sicurezza e la personalità dello Stato». Al settimo piano del Palazzo di giustizia il primo a non rispondere è l’esperto informatico Samuele Nunzio Calamucci. «Chiarirò non appena avrò un quadro completo degli atti dell’inchiesta. Da quello che ho letto ci sono delle esagerazioni perché si rappresentano fatti che sono impossibili dal punto di vista empirico», rispetto alla possibilità diretta di ’bucare' il sistema informatico Sdi, è il senso delle sue brevi dichiarazioni secondo quanto riporta Adnkronos.
Si tratta, in parte, della stessa difesa dell’ex superpoliziotto Carmine Gallo (gli avvocati Antonia Rita Augimeri e Paolo Simonetti difendono entrambi), uno degli uomini ritenuti al centro del presunto sistema illecito la cui finalità era creare report, anche falsi, a pagamento. «Ho sempre rispettato la legge e lo farò anche ora. Sono stato un servitore dello Stato, ho sempre rispettato l’autorità giudiziaria e lo farò anche in questa occasione. Proverò a difendermi dopo aver letto la mole imponenti di atti» le frasi dette al giudice. Gallo non fugge gli sguardi dei giornalisti che conosce da anni, avendo lavorando a lungo alla squadra Mobile ed essendo tra i massimi esperti di criminalità organizzata, e pronuncia solo poche parole a fatica: «...è la vita...».
Nessuna ammissione davanti al gip di Milano per l’imprenditore reggiano Giulio Cornelli, così come tace Giuliano Schiano, il finanziere della Dia di Lecce colpito, insieme al poliziotto Marco Malerba, da misura interdittiva della sospensione dal servizio per 6 mesi, perché avrebbero eseguito, secondo la tesi accusatoria della procura di Milano, un «rilevante numero» di accessi abusivi a richiesta degli arrestati. Malerba, in servizio a Rho, è l’unico che ammette le accuse. Il poliziotto ha ammesso con il gip di Milano, Fabrizio Filice, di aver fatto dei controlli nella banca dati Sdi per contro del suo ex superiore al commissariato di Rho Carmine Gallo. L’appartenente alle forze dell’ordine, difeso dall’avvocato Pietro Romano, sospeso dal servizio dallo scorso 25 ottobre su ordine del giudice ha fatto le parziali ammissioni nel corso dell’interrogatorio di garanzia. «Ci scambiavano i favori e non sono riuscito a dirgli di no» avrebbe detto Malerba. Ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere il finanziere Giuliano Schiano in servizio alla Dia di Lecce, anche lui accusato di aver fatto gli accessi illeciti nelle banche dati delle forze dell’ordine.
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Ad aprire una crepa sulla presunta associazione che aveva come base la società Equalize (socio di maggioranza è Enrico Pazzali, indagato) è l’investigatore privato Massimiliano Camponovo. «Sono preoccupato, temo per la mia incolumità e quella della mia famiglia. Avevo percepito che dietro a questo sistema c’era qualcosa di oscuro quindi a un certo punto sono stato al mio posto. Mi passavano i dati e facevo i report» è il senso delle dichiarazioni spontanee rese dall’uomo ai domiciliari al gip. Per i quattro arrestati, e per qualche altro indagato, la procura ha chiesto al Riesame un inasprimento della misura, ma l’udienza non è ancora stata fissata.
Tornando a Gallo, «ha già anticipato, con delle dichiarazioni spontanee, la sua intenzione di confrontarsi con i capi di incolpazione non appena avrà un quadro completo e chiaro delle attività inquirenti dalle quali vanno, in ogni caso, espunte notizie assolutamente infondate che sono circolate sui maggiori organi di stampa», spiegano i difensori, gli avvocati Antonia Rita Augimeri e Paolo Simonetti dopo che il loro assistito non ha risposto durante l’interrogatorio. «Gallo non ha nessuna volontà di sottrarsi al contraddittorio con l’autorità giudiziaria» aggiungono. «L’esercizio del diritto al silenzio quale corollario del principio ’Nemo tenetur se detegere' risponde alla esigenza di poter istaurare un proficuo confronto con gli inquirenti solo in un momento storico in cui le parti processuali hanno piena cognizione di tutti gli atti» concludono i difensori.