Il verminaio si allarga
Così tutti gli spioni puntavano a Crosetto. E ora spunta anche la "Spectre" di Roma
Tutti gli spioni puntavano a Guido Crosetto. Forse non è un caso che l’anello di congiunzione tra le inchieste dossieraggio sia proprio il ministro della Difesa, che con la sua denuncia ha scoperchiato il verminaio dell'Antimafia. E che quando Striano & Co sono stati scoperti, su Crosetto si concentra un anonimo bancario di Bisceglie, il curioso Vincenzo Coviello che ha spiato i conti pure di Giorgia Meloni e di sua sorella ma che giura di aver agito da solo, nonostante gli inquirenti non gli credano e stiano cercando complici e mandanti tra finanzieri infedeli e 007 stranieri. Ora Crosetto spunta perfino nel caso degli hacker di Milano, tirato in ballo non da uno spione qualunque, ma dal numero due degli aeroporti milanesi, Pierfrancesco Barletta, all’epoca nel cda di Leonardo e oggi ex socio di minoranza di Equalize, la società considerata la centrale del dossieraggio con a capo Enrico Pazzali, presidente di Fiera Milano, e l’ex superpoliziotto Carmine Gallo. La circostanza è contenuta nell’informativa dei carabinieri di Varese, che intercettano una conversazione tra Barletta, indagato, e Sergio Scalpelli, giornalista addetto alle relazioni esterne di Fastweb.
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L’intercettazione ambientale, captata negli uffici di via Pattali, risale al 30 settembre 2022, in piena formazione del governo Meloni, e si concentra sulla politica. Barletta, che da manager di Leonardo continua a intrattenere rapporti con politici e giornalisti della sua amata sinistra, parla della partita delle nomine del nuovo esecutivo. «Ma al ministero della Difesa chi è che va scusa?», domanda Scalpelli. «O Crosetto o Tajani», risponde Barletta. «E noi abbiamo legami?», si preoccupa il responsabile dei rapporti istituzionali di Fastweb. «Con Crosetto sì», assicura l'uomo di Leonardo, «Crosetto è un po' più pragmatico rispetto al ragazzo», ovvero l’uscente Lorenzo Guerini. «Il ragazzo va a fare il presidente del Copasir», assicura Barletta. Una conversazione degna di nota, per gli inquirenti, anche perché bisbigliata in un ambiente ritenuto «sicuro» da un consigliere di Leonardo. E che avviene poche settimane prima della pubblicazione, sul quotidiano Domani, degli articoli su Crosetto e sui redditi incassati da Leonardo.
Esclusive nate grazie agli accessi abusivi alle banche dati effettuate dal finanziere Pasquale Striano all’Antimafia, il quale avrebbe inviato ai cronisti indagati i redditi del ministro. Intrusioni illegali ormai certificate, seppure il direttore Emiliano Fittipaldi, audito in Commissione antimafia, abbia spiegato che la notizia gli fosse arrivata da una gola profonda interna a Leonardo, come guarda caso era Barletta all'epoca.
Insomma, spioni in ogni dove, tra servitori infedeli, giornalisti e 007 deviati, tutti uniti a cucinare dossier, per influire sulla politica e minare l’ordine democratico o vendere le informazioni nel grande mercato delle Sos, anche ad aziende e servizi segreti esteri. Gli hacker di Milano si vantavano di avere legami con spie straniere, tanto che avrebbero avuto una commissione da un milione di euro da due israeliani. A Bari sospettano che il bancario avrebbe contatti con finanzieri di Roma e del posto, legati a spie di un Paese europeo. E lo stesso Striano faceva intrusioni illecite ai sistemi per i suoi amici 007, anche quelli che scherzando definiva «servizi igienici». E ora spunta la Spectre romana, quella squadra Fiore scoperta dal giornalista Fabrizio Gatti, che dalla centrale del dossieraggio di piazza Bologna avrebbe preparato e venduto migliaia di report. Militari ed ex funzionari dello Stato che, alcuni mesi fa, avrebbero addirittura incontrato l’informatico del gruppo di Milano, Nunzio Calamucci, E che ora sono nel mirino della Procura della Capitale, che sta seguendo le tracce degli spioni romani.