Dossieraggio: Antimafia, hacker e banche, quel filo rosso che unisce le tre maxi indagini
Nell’Italia di spioni e spiati, ormai parlano i numeri del dossieraggio. E superano il milione le vittime delle intrusioni illegali alle banche dati finite nel mirino di servitori dello Stato scoperti a lavorare contro lo Stato. Dal verminaio di Striano & Co all’Antimafia, passando per il bancario di Bari, fino ad arrivare al team di hacker di Milano, il filo rosso è l’ossessione per i politici del centrodestra, l’ombra dei servizi segreti, la presenza di mandanti e complici ancora da identificare e il sequestro tardivo dei dispositivi degli indagati. Sullo sfondo lo spettro di quella squadra Fiore, non ancora identificata, che a Roma ha messo in piedi un mercato delle informazioni riservate più fiorente di quello meneghino.
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Nel dossieraggio del finanziere Pasquale Striano, indagato insieme all'ex pm Antonio Laudati e a tre giornalisti di Domani, il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, ha parlato di numeri mostruosi: «Dall’1 gennaio 2019 al 24 novembre 2022, Striano ha consultato 4.124 Sos, su 1.531 persone fisiche e 74 persone giuridiche, 1.123 persone sulla banca dati "Serpico" e 1.947 ricerche alla banca dati Sdi. Ma l’elemento più preoccupante è che ha scaricato 33.528 file dalla banca dati della Direzione nazionale antimafia». Questo almeno nella prima fase dell’inchiesta, perché gli approfondimenti hanno permesso agli inquirenti di individuare ben 230mila file riservati che Striano ha esfiltrato dai sistemi. Di quei documenti non c'è traccia, non si sa che fine abbiano fatto, a differenza delle diverse centinaia su molti esponenti del governo che il finanziere ha inviato agli amici giornalisti e che sono diventate esclusive per gettare fango sull'avversario politico. «La cosa più importante sarebbe sapere se esiste un filo rosso che lega, magari nell'inconsapevolezza degli attori minori, tutte queste, e molte altre, raccolte informative, intrusioni illegittime, inseguimenti, pedinamenti, filmati, fotografie, registrazioni, non autorizzate e non giustificate da nulla di legale e a tutela dell'interesse pubblico», ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, colui che ha scoperchiato il vaso di Pandora dell'Antimafia e che ora chiede di scoprire se ci possa essere un legame con gli hacker di Milano.
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La certezza è che più punti di contatto si trovano nel caso del bancario spione, quel Vincenzo Coviello che, settimane fa, è finito nella bufera per aver effettuato quasi 8mila accessi illeciti nei conti correnti di 3.500 clienti di Banca Intesa. Tra gli spiati, appunto Crosetto, oltre a Giorgia e Arianna Meloni. E perfino Giovanni Melillo, il procuratore capo della Dna che al suo arrivo aveva stretto le maglie al team di spioni di Striano. Inoltre i pm di Bari sono convinti che Coviello non sia un funzionario gravato dalla mania di controllare chiunque, tanto che stanno ricostruendo i contatti del bancario e seguono la pista di un collegamento tra finanzieri tra Roma e Bari con legami con 007 esteri. Servizi deviati e talpe a cui gli stessi hacker di Milano si rivolgevano, per ottenere materiale utile a creare dossier, veri o falsificati, e accontentare il cliente che pagava fior di quattrini. E man mano mettevano tutto in un mega archivio. L’informatico che aveva creato il programma in grado di gestire il database, Nunzio Calamucci, fa riferimento a un «hard disk contenente ottocentomila Sdi», dunque oltre 800mila persone spiate, senza contare i file riservati, perfino coperti da segreto di Stato e sottratti all'intelligence, che i pm hanno per ora conteggiato, circa 109mila. La Procura sta valutando anche una rogatoria in Inghilterra, perché a Londra c'era una sorta di centrale di hacker guidata da una donna alla quale i milanesi si rivolgevano. E la stessa capitale inglese ricorre negli atti di Perugia, con Striano che invia documentazione e indirizzi a un suo contatto che avrebbe inviato «i ragazzi» a controllare.
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