Futurismo nel mirino: "Ecco la verità sulla mostra" alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna
Da geniale comunicatore quale era, il vulcanico creatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, sarebbe stato felicissimo delle polemiche nate da alcune settimane intorno alla mostra «Il Tempo del Futurismo», che si aprirà il 2 dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e che ho l’onore di curare. Tutta pubblicità, avrebbe detto, e pure gratis!
Ma ora giornali, giornaloni e trasmissioni televisive antigovernative (Report in primis, con la puntata che andrà in onda domani e già spoilerata ampiamente) hanno gettato la mostra in un tritacarne politico, fatto di vere e proprie fake news sul presunto «amichettismo» della destra, usato per attaccare il ministro della Cultura Alessandro Giuli e, più in generale, il Governo. E allora raccontiamo la verità.
Quando il Futurismo fa arrabbiare i radical chic
Ho ricevuto l’incarico di curare una mostra dal taglio «popolare» (nel senso migliore del termine) e innovativo sul Futurismo dal ministro Gennaro Sangiuliano il 28 dicembre 2022. Non è vero, come si dice nell’anticipazione di Report diffusa online, che mi fu dato l’incarico dopo un mio articolo pubblicato su «Il Tempo» e dedicato a un libro su Boccioni di Alberto Dambruoso. L’incarico mi fu dato perché il ministro, bontà sua, mi stimava come storico dell’arte immune da interessi di mercato, affidandomi in via esclusiva la curatela della mostra. Iniziai subito a lavorare e dopo quasi tre mesi, il 21 marzo 2023, fui invitato ad una riunione al MAXXI (allora presieduto da Giuli) da Bartolomeo Pietromarchi, a quel tempo direttore di MAXXI Arte, e da Fabio Benzi, curatore della mostra «Il Futurismo & l’Europa» che si sarebbe aperta dopo un mese ad Otterlo, in Olanda. Mi chiesero se questa mostra poteva diventare un’ampia sezione, ospitata al MAXXI, della grande rassegna sul Futurismo che stavo già preparando alla GNAM e che sarebbe rimasta sotto la mia egida.
Giù le mani dal futurismo. L'arte non è della sinistra
Fu sentito Sangiuliano che disse di no soltanto perché desiderava ridare luce e attenzione alla GNAM, un grande museo trascurato dalla direzione precedente e non più in grado di organizzare una mostra importante da molti anni. Inoltre il ministro riteneva necessario realizzare una mostra ben diversa rispetto a quella già presentata in Olanda. Quindi non è vero che, come scrive Repubblica, il mio incarico nacque dopo che era naufragato il progetto di importare la mostra olandese. La ricostruzione apparsa ieri sul giornale romano e che sarà fatta probabilmente da Report domani è sbagliata, pretestuosa e non tiene conto neppure delle date giuste. Il ministro mi avrebbe commissariato, scrive ancora il giornalone fondato da Scalfari, mentre ciò non è mai avvenuto. Il budget della mostra non è stato mai tagliato e si è deciso di privilegiare perlopiù prestiti di musei pubblici e di dare un taglio diverso alla rassegna, più attento ai rapporti del Futurismo con la scienza e la tecnologia dell’epoca e volto a catturare l’attenzione delle nuove generazioni.
A proposito di «amichettismo», è falsa l’affermazione di Repubblica secondo la quale ci furono pressioni politiche per esporre le opere del gallerista romano Fabrizio Russo da parte del presidente della commissione Cultura della Camera dei Deputati Federico Mollicone che non mi ha mai chiesto niente in proposito. Per sminuire il mio ruolo di curatore e il mio curriculum di storico dell’arte, Repubblica e un cronista del Giornale dell’arte mi definiscono «il giornalista de Il Tempo», cosa che mi onora ma che trascura completamente il fatto che ho la cattedra di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Roma e che ho curato decine e decine di mostre con relativi saggi e cataloghi riguardanti l’arte del XX secolo. La mostra vedrà esposte circa 350 opere, 150 fra libri, manifesti, riviste e oggetti scientifici d’epoca, occuperà 26 sale e 4 mila metri quadrati della GNAM e in catalogo scriveranno due tra i maggiori esperti internazionali del Futurismo come Gunther Berghaus e Giovanni Lista.
Ma questo non interessa a nessuno dei giornaloni e dei grandi autori di scoop televisivi, come Ranucci di Report che domani, come si vede dall’anticipazione, per attaccare il Governo Meloni definirà la mostra come un «pasticciaccio infarcito di gaffe, conflitti di interesse e piccoli scandali», senza farsi scrupoli nell’usare manipolazioni di vario genere.