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Critiche incrociate al governo, così il "piano" di Patarnello viene messo in pratica

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Rita Cavallaro
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Era già tutto previsto. Anzi, era scritto in quella mail, svelata da Il Tempo, che il procuratore della Cassazione Marco Paternello aveva mandato sabato scorso alla mailing list dell’Anm. Perché tutte le mosse, messe in campo in queste ore dalle toghe rosse contro il governo, seguono l’indirizzo tracciato dal big di Magistratura democratica. E poco conta l’appello alla collaborazione tra le Istituzioni lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per tentare di attenuare lo scontro tra governo e magistratura.

Quella magistratura fa orecchie da mercante e porta avanti il manifesto di Patarnello, con la chiamata alle armi di Anm e Csm. L’ermellino di rosso vestito sosteneva che «l’attacco alla giurisdizione non è mai stato così forte, forse neppure ai tempi di Berlusconi. In ogni caso oggi è un attacco molto più pericoloso e insidioso per molte ragioni. Innanzitutto perché Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte. E rende anche molto più pericolosa la sua azione, avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto».

 

Non potendo colpire la premier Giorgia Meloni con le inchieste, Patarnello chiamava all’unità della magistratura, «molto più divisa e debole rispetto ad allora. È isolata nella società. A questo dobbiamo assolutamente porre rimedio». E senza indugio aveva delineato il piano contro il governo, poiché «la compattezza e omogeneità di questa maggioranza è molto maggiore che nel passato e la forza politica che può esprimere è enorme e può davvero mettere in discussione un assetto costituzionale ribaltando principi cardine che consideravamo intangibili». Un manifesto fortemente ideologico, che doveva rimanere riservato tra i magistrati della mailing list dell’Anm, affinché all’esterno non trapelasse quell’impronta politica. Tant’è che Patarnello sottolinea come «non dobbiamo fare opposizione politica ma dobbiamo difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini ad un giudice indipendente. Senza timidezze».

Dunque la linea da seguire: «Dobbiamo pretendere che il Csm apra un dibattito al proprio interno e deliberi una reazione chiara e netta». E Il Csm infatti ha risposto alla chiamata, deliberando non certo l’apertura di un procedimento disciplinare per il giudice che anziché scrivere sentenze si preoccupa se Meloni sia un pericolo, ma una pratica per tutelare l'indipendenza di quei togati dichiaratamente pro-migranti del Tribunale di Roma. Patarnello aveva delineato il piano anche per l'Associazione nazionale magistrati: «Che anche l’Anm mostri il proprio approccio unitario e fermo. Ieri (venerdì scorso, ndr) ho sentito un buon Santalucia, pacato ma piuttosto chiaro. Vorrei che si sentisse chiaramente che rappresenta tutta la magistratura. Non possiamo fare molto ma essere uniti, tenere la schiena dritta e parlare con chiarezza questo sì».

 

E anche l’associazione presieduta dal buon Giuseppe Santalucia, che dallo scoppio del Meloni-mail ha tentato una timida difesa d’ufficio, si è allineata ai desiderata della toga rossa, alzando il vertice della tensione con l’Esecutivo. «L’Anm chiede con forza che la giurisdizione sia rispettata come esercizio di una funzione del tutto autonoma ed indipendente.
Non può attendersi dalla magistratura che assuma decisioni ispirate dalla necessità di collaborazione con il governo di turno. Se agisse facendosi carico delle attese della politica, la magistratura tradirebbe il mandato costituzionale». E chi se ne infischia dell'appello di Mattarella.«I magistrati esprimono fondata preoccupazione quando il dileggio prende luogo della critica», si legge, «e il dissenso dei più alti esponenti del governo viene affidato ad accuse di pregiudizialità ideologica, di abnormità o di esondazione nella sfera riservata alla politica». Insomma, non un'opposizione politica, proprio guerra totale.

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