Esclusivo, la mail choc del magistrato: "Meloni più pericolosa di Berlusconi. Compatti per porre rimedio"
«Bisogna porre rimedio». Giorgia Meloni è diventata il nemico numero uno delle toghe rosse. In fibrillazione perché stavolta, davanti, non hanno Silvio Berlusconi, da colpire a suon di inchieste giudiziarie per qualche scheletro nell’armadio. Meloni non ne ha, non è ricattabile, come ha più volte sostenuto lei stessa, e quindi è troppo pericolosa, un ostacolo difficile da abbattere. È questo il contenuto della mail choc scambiata ieri tra esponenti di Magistratura Democratica, il braccio armato di quella sinistra che non sa vincere le elezioni e tenta di sovvertire l’ordine democratico al colpi di mannaia giudiziaria, e l’Anm, l'associazione nazionale magistrati che fa le barricate contro la riforma della giustizia. A scrivere la mail, alle 18.32 di ieri, a una nutrita mailing list di giudici schierati, è il sostituto procuratore della Cassazione, Marco Patarnello, una delle voci più autorevoli della corrente dem della magistratura.
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L’oggetto è tutto un programma, il manifesto di quell’opposizione politica annunciata e messa in atto dalla giudice Silvia Albano, la presidente di Md che ha ordinato di riportare in Italia i dodici migranti trasferiti nel centro di permanenza per il rimpatrio di Gjader, nelle stesse ore in cui Pd, M5s e Avs presentavano l’incredibile interrogazione al Parlamento europeo, con la quale hanno chiesto all'Ue di aprire una procedura d'infrazione contro Roma per l'accordo con Tirana sui flussi migratori, che piace all'Europa. Il giudice Patarnello, con oggetto «Non convalida trattenimento migranti in Albania», scrive ai suoi colleghi: «Indubbiamente l’attacco alla giurisdizione non è mai stato così forte, forse neppure ai tempi di Berlusconi. In ogni caso oggi è un attacco molto più pericoloso e insidioso per molte ragioni. Innanzitutto perché Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte. E rende anche molto più pericolosa la sua azione, avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto».
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Un osso duro da demolire, Giorgia Meloni, che in questi ultimi mesi è stata vittima del dossieraggio all'Antimafia, dello spionaggio in banca, del fuoco incrociato passato su sua sorella Arianna, ma inutilmente. Le toghe rosse, abituate a uno strapotere incontrastato dai tempi di Tangentopoli, sono in tilt. Tanto più che «la magistratura è molto più divisa e debole rispetto ad allora», continua Patarnello, «è isolata nella società. A questo dobbiamo assolutamente porre rimedio. Possiamo e dobbiamo farlo. Quanto meno dobbiamo provarci. Sull’isolamento sociale non abbiamo il controllo ma sul tema della compattezza interna possiamo averlo. Non è accettabile chinare le spalle ora o che qualcuno si ritagli uno spazio politico ai danni dell’intera magistratura».
L'esponente di Md, dunque, chiama alle armi, sembra quasi bramare la falange politica contro il governo, perché «la compattezza e omogeneità di questa maggioranza è molto maggiore che nel passato e la forza politica che può esprimere è enorme e può davvero mettere in discussione un assetto costituzionale ribaltando principi cardine che consideravamo intangibili. Come corollario di questa condizione politica, anche l’accesso a un'informazione decente è ancora più difficile dell’era di Berlusconi». Una confessione in piena regola, che conferma quello che sosteneva troppi anni fa il Cav, ovvero che i giornali di sinistra fossero la longa manus di quei giudici che l'hanno reso l'uomo più perseguitato d'Italia. «Quindi il pericolo per una magistratura e una giurisdizione davvero indipendente è altissimo», continua.
Sulla magistratura aveva ragione Silvio
«Dobbiamo essere uniti e parlare con chiarezza. Non dobbiamo fare opposizione politica ma dobbiamo difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini a un giudice indipendente. Senza timidezze». E infine l’azione politica da mettere subito in campo: «Dobbiamo pretendere che il Csm apra un dibattito al proprio interno e deliberi una reazione chiara e netta. Che anche l’Anm mostri il proprio approccio unitario e fermo. Ieri (venerdì, ndr) ho sentito un buon Santalucia, pacato ma piuttosto chiaro. Vorrei che si sentisse chiaramente che rappresenta tutta la magistratura. Non possiamo fare molto ma essere uniti, tenere la schiena dritta e parlare con chiarezza questo sì». Beh, più chiaro di così.