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Vittorio Feltri: la politica celebra i nonni ma non fa nulla per i loro bisogni

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Vittorio Feltri
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Un anziano non dovrebbe mai patire la fame. Dovrebbe accomodarsi al desco della sua cucina immacolata e godere di tutti i piccoli piaceri che lo fanno stare bene: la pasta cotta nel brodo caldo, il pane morbido inzuppato nel sugo, il bicchiere di vino rosso per sentirsi meno solo davanti al tg della sera, dove la voce corre svelta ma in casa non si sente l’eco di nessuno.

 

Invece la signora di questa storia ordinaria rimbalzata nei giorni scorsi dalla provincia di Mantova non sapeva con che abbinare il piatto e la forchetta, nella credenza aveva il vuoto e nello stomaco uno strano rimestio. Poteva bussare alla porta della vicina o chiedere alla Chiesa se era avanzato qualcosa. Ma ha preso il suo cappotto, il suo ombrello sgangherato, le scarpe comode per andare più svelta, e si è infilata nel primo supermercato che ha incontrato. Poca gente a quell'ora e gli scaffali colmi di ogni grazia di dio. Le mani le tremavano, gli occhi strabuzzavano sulle etichette alla ricerca del prezzo.

«Lo prendo, lo lascio, no lo prendo, no lo lascio... e se mi vedono?» E alla fine si è lasciata prendere la mano lei. Ha aperto una confezione e ha iniziato a masticare. Che goduria la pancia che si riempiva. Era talmente presa da quel primordiale fabbisogno furtivamente soddisfatto, che non ha neppure sentito il guardiano che arrivava lento alle sue spalle e guardava inorridito la sua tenera abbuffata. «Avevo fame» si è giustificata con un filo di voce, e diceva il vero poveretta. I carabinieri hanno avuto pietà della donna e le hanno pagato il conto.
Non è la sola purtroppo, e il saperlo non mi conforta.

 

A Roma un anziano giovanotto - lo chiamo così perché ha solo 60 anni ma in quest’epoca di giovinezza ossessionante è praticamente l’età della pensione - è svenuto in strada dalla fame. Aveva perso il lavoro e i sogni, e le sfighe si accumulavano nelle sue tasche e si trastullavano sulla sua esistenza semplice di padre di famiglia con una compagna e una figlia a carico. Va bene far la dieta e tagliare le spese. Ma a forza di rinunce e tagli, è stramazzato al suolo senza sensi. Un miracolo che sia rinvenuto e tornato al mondo.

Non crediate che Milano sia messa meglio. Ogni sabato mattina, anziani smilzi e imbacuccati fanno la fila davanti alla mensa dei poveri di un lungo viale alberato. Procedono lenti nel loro divagare, e si raccontano i fatti della settimana e del cortile di casa finché arriva il volontario gentile col sacchetto del cibo in mano e glielo porge. Loro ringraziano garbatamente, biascicano un saluto composto e se ne vanno, pregustando quel bene ricevuto e la leggerezza di aver tenuto in tasca un soldo.

Non sono senzatetto ma sono poveri col tetto. Hanno casa popolare, magari malridotta, magari modesta, e una pensioncina mensile maturata dopo una esistenza di duro lavoro e sacrifici. Eppure non riescono a tirar fine mese e neppure a mangiare. E c’era un vecchio habitué della Galleria Vittorio Emanuele a Milano, che ogni notte si accomodava davanti alla vetrina di una piadineria: non aveva casa, ma solo una valigia di vecchie storie. È finito sui giornali perché si vestiva col cappotto blu elegantissimo e il bavero alzato, e aspettava impettito i minuti poi le ore sul freddo marmo della strada, raccontando ai passanti di quando faceva il barman e non sentiva stanchezza. Si era iscritto persino alla lista delle case popolari, ma c’era sempre qualcuno prima di lui che meritava il posto e lo fotteva. Dico degli anziani non soltanto per affinità anagrafica, ma perché sono la fetta più grossa delle nostre città e nessuno si cura di loro.

Prendete Milano, 241mila over 70 alla data odierna, tra trent’anni saranno 40mila di più. Roma non se la passa meglio. Gli stranieri la incalzano e premono. Ma il centro storico si svuota e invecchia al punto che per ogni bambino ci sono sette nonnetti.

Non è tutto: complessivamente in Italia si contano quasi 887mila anziani in condizione di povertà assoluta, mangiano come uccellini ma quel tanto che hanno non è sufficiente per condurre una vita dignitosa. Molte sono donne, di nazionalità italiana. Vedove, oppure sole al mondo, perché non hanno figli e quei figli che avevano sono scappati via.

Comprenderete se alla luce dei numeri allarmanti mi incazzo con la Politica che celebra i nonni, li culla nell’idea peraltro vera di essere parti determinanti della società perché accudiscono i figli e i nipoti con amore e dedizione, ma fa nulla per soddisfare i loro bisogni. O i Comuni, compresi quelli di sinistra che predicano ogni giorno di inclusione e fragili, si danno la sveglia e si attrezzano per mettere in piedi un welfare adeguato, o sarà la fine di tutti noi.

Anche perché più cresce la popolazione anziana, più crescono il fabbisogno di cure adeguate e assistenza sociale. Mi rendo conto: l?anzianità è disturbante. Anche la parola vecchio inquieta e stride. E da vecchi, si sa, ci si incazza di più. Ma un vecchio che ruba per fame o fa la fila per un misero sacchetto di cibo è una sconfitta per la società.

Concludo ringraziando Sammy Basso, il giovane affetto da progeria, scomparso per un malore a soli 28 anni. Felice e lieve nonostante il fardello che portava. Il solo che ci ha fatto amare la vecchiaia, con le sue rughe e il suo incedere stanco.

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