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Migranti e "Paesi sicuri", il piano del governo per superare lo stop dei giudici

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Mossa e contromossa, come una partita a scacchi. Dopo l’altolà dei giudici di Roma, sono due le ipotesi in campo per superare lo stallo in cui rischia di finire il modello Albania sull’immigrazione. Da Beirut la premier Giorgia Meloni ha annunciato un Cdm già lunedì per mettere nero su bianco «una soluzione a questo problema». «Non credo sia competenza della magistratura - le sue parole - definire quali sono Paesi sicuri e quali no. È competenza del governo, quindi credo che il governo debba chiarire meglio cosa si intende per Paese sicuro».

Tutto ruota intorno a questo concetto, dato che la sezione immigrazione del Tribunale di Roma ha riscontrato l'impossibilità di riconoscere come 'Paesi sicuri' gli Stati di provenienza delle persone trattenute, cioè Bangladesh ed Egitto, sulla scorta di un dispositivo della Corte di Giustizia Ue, del 4 ottobre scorso.  L’intervento della Corte era stato richiesto da un tribunale della Repubblica Ceca, dove un cittadino moldavo aveva presentato domanda di protezione. La richiesta era stata rifiutata e ne era nato un ricorso. La Corte regionale di Brno ha sottoposto allora alla Corte Ue alla questione, e questa ha stabilito che non è possibile indicare come Paese sicuro solo una parte del territorio, come la Moldavia per la situazione della Transnistria come motivato nel contenzioso. 

 

Ebbene, le strade per farlo, sono almeno due: la prima è tesa a sostituire il decreto interministeriale che definisce l’elenco dei paesi terzi con un decreto, scalando così la gerarchia degli atti da norma di secondo livello, il decreto interministeriale giustappunto, a norma di primo livello, ovvero il decreto legge.

 

La seconda ipotesi in campo mira invece a stabilire con una legge ad hoc la struttura della Farnesina deputata a stilare l’elenco dei paesi terzi sicuri.  Quell’elenco, che oggi conta 22 paesi, è attualmente normato da un decreto interministeriale: lunedì il governo deciderà se blindare quello stesso elenco con un dl ad hoc o se emanare un provvedimento che attribuisca per legge al ministero degli Esteri il ruolo di definire quale Paese è sicuro e quale non lo è. Quel che è certo è che il governo è deciso a tirare dritto.  «A ognuno il suo -il ragionamento che rimbalza nei piano alti di Palazzo Chigi - la Farnesina conta su strutture diplomatiche in tutto il mondo, abbiamo l’Intelligence dislocata in ogni angolo del pianeta, se il ministero non è in grado di dire quali Paesi siano sicuri e quali non lo siano, allora tanto meglio chiudere bottega...». 

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