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Primi migranti in Albania sulla nave della Marina: Meloni sfida le Ong, Schlein protesta

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Dario Martini
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I primi migranti salpati dalle coste africane della Tripolitania, e inizialmente diretti in Italia, stanno andando nei due centri aperti dal governo italiano in Albania. Si trovano a bordo della nave della Marina Militare Libra. L’attracco nel porto di Shengjin è previsto al massimo per domani mattina. Questi profughi, sedici in tutto, provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh, sono stati soccorsi l’altro ieri in acque internazionali nella zona Sar (Search and rescue) di competenza del nostro Paese. Le opposizioni, che in questi mesi hanno sempre criticato la costruzione di questi due centri per il rimpatrio, dove i migranti verranno trattenuti il tempo necessario per esaminare le loro richieste di asilo, gridano allo scandalo.

Eppure, la legge resta quella italiana. Nel caso in cui vengano accolte le loro richieste saranno trasferiti nella Penisola. Altrimenti, verranno accompagnati nei rispettivi paesi di provenienza. La sinistra lo definisce uno «spreco gigantesco», pari a circa 800 milioni di euro. La replica di Giorgia Meloni arriva dai social. La premier, infatti, risponde a un tweet della ong tedesca Sea Watch che aveva accusato «il governo di spendere centinaia di milioni di euro dei contribuenti per deportare e incarcerare qualche migliaia di migranti in Albania», perché «forse le tasse degli italiani possono essere spese meglio, per accogliere e includere, anziché respingere».

Secca la risposta del presidente del Consiglio: «Che scandalo! Un governo che con un mandato chiaro ricevuto dai cittadini - lavora per difendere i confini italiani e fermare la tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete e accordi internazionali». La rabbia della ong tedesca è facilmente comprensibile. Portare i migranti in Albania (attualmente la capienza è di 400 posti) è un pugno negli occhi per tutte queste organizzazioni che pattugliano il Mediterraneo in cerca di migranti da condurre in Italia. I centri di Shengjin (sulla costa) e Gjader (nell’entroterra), infatti, hanno soprattutto una funzione di deterrenza per disincentivare le partenze dei barconi, come ha spiegato più volte il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Eppure, la sinistra è su tutte le furie. La segretaria del Pd Elly Schlein prova alegare le politiche sui migranti a quelle sulla sanità, come se contrastare l’immigrazione clandestina sia incompatibile con gli investimenti in ospedali e medicina di prossimità. «Il governo Meloni butta ottocento milioni di soldi degli italiani in un accordo di deportazione dei migranti in Albania e lo fa in spregio alla sentenza della corte di giustizia europea, per di più senza trasparenza, con affidamenti diretti. Soldi che avremmo potuto spendere nella sanità: ci sono italiani che aspettano mesi per una gastroscopia. Noi non ci stiamo». Dello stesso tenore le dichiarazioni di Nicola Fratoianni (Avs): «Sono infernali luoghi di detenzione», e Matteo Orfini (Pd): «È una pagina buia per il nostro Paese».

Intanto, proprio ieri, la giudice Lorenza Calcagno del tribunale civile di Genova, che ha respinto il fermo amministrativo della ong Geo Barents nel porto ligure, ha motivato così la sua decisione: «Impedisce la realizzazione del fine della nave, destinata al soccorso in mare senza restrizione di navigazione». La nave, con 205 migranti a bordo, era stata sottoposta a fermo per «carenze tecniche» e per non aver rispettato le istruzioni della guardia costiera libica durante un’operazione di soccorso.

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