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Scandalo dossier, De Raho non si dimette per il conflitto d’interessi ma querela Il Tempo

Rita Cavallaro

Federico Cafiero De Raho, anziché spiegare lo scandalo dossieraggi che si è consumato sotto i suoi occhi in quattro anni di spiate contro il centrodestra, querela Il Tempo. E continua a fare orecchie da mercante di fronte alle ormai esasperate richieste dei suoi colleghi commissari a dimettersi per conflitto d’interessi dalla Commissione Antimafia, che indaga proprio sugli accessi abusivi effettuati dal team di spioni sotto la gestione del pentastellato.

Da vicepresidente a spese nostre a palazzo San Macuto, l’ex procuratore ribadisce che non c’è alcun motivo per audire i due maggiori indagati nello scandalo del secolo, il finanziere Pasquale Striano e il suo ex pm Antonio Laudati alla Dna, ma mette sotto accusa Il Tempo e, con una denuncia diventata avviso di garanzia, tenta di intimidire il lavoro per la ricerca della verità su quel verminaio ordito alla Superprocura voluta da Giovanni Falcone e per portare alla luce tutti i contorni di una vicenda che, in troppi, a sinistra, speravano finisse in una bolla di sapone.

 

 

E non stupisce che proprio ora che l’inchiesta ha confermato l’assoluta gravità dei fatti, consumatisi alla Dna guidata da De Raho, il pentastellato sia andato a Piazzale Clodio per contestare alla sottoscritta e al direttore Tommaso Cerno non le decine di articoli in cui si racconta la carriera dell’ex procuratore, che da Reggio Calabria, avvalendosi delle indagini di Striano, aveva fatto arrestare un ministro del governo Berlusconi e che, diventato numero uno della Dna, poteva ancora contare sul lavoro di Striano. Niente di tutto questo. L’ex pm grillino querela Il Tempo per diffamazione in merito all’articolo del 26 marzo scorso, sull’audizione del direttore della Dia, Michele Carbone, che in Commissione Antimafia ha letto l’elogio a Striano che De Raho aveva scritto di suo pugno in una nota caratteristica. «Pasquale Striano ha evidenziato notevoli doti di riservatezza e lealtà, un'elevata ed approfondita preparazione tecnico professionale, piena disponibilità ed alto senso del dovere, instaurando ottimi rapporti interpersonali sia con i magistrati dell'ufficio che con il restante personale amministrativo e delle forze di polizia», scriveva De Raho sul finanziere, come da citazione di Carbone.

 

 

Il capo della Dia, proseguendo la lettura della nota caratteristica, ha citato la parte in cui l’ex procuratore sottolineava come «l’ispettore nel periodo in esame ha svolto un ruolo fondamentale nell’ambito delle attività pre-investigative poste in essere dal predetto gruppo di lavoro circostanziatesi nello svolgimento di delicate analisi operative nel settore per le segnalazioni a contrasto della criminalità organizzata, permettendo allo stesso procuratore nazionale antimafia di esercitare in pieno le funzioni di coordinamento e di impulso demandategli dalla legge».

Leggendo la valutazione di servizio di De Raho sul finanziere, Carbone ha sottolineato come tra il 2018 e il 2019, l’allora procuratore mettesse in evidenza le qualità di Striano, le sue «notevoli doti di riservatezza e lealtà» e la sua condotta morale «irreprensibile». Tanta riservatezza e lealtà che il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, solo pochi giorni fa ha depositato, oltre al numero mostruoso già contestato, altri 200mila documenti che Striano ha trafugato dai sistemi analisti esattamente durante l’era De Raho. Quisquilie. Il problema sono i giornalisti de Il Tempo, che adesso dovranno presentarsi dai magistrati di Roma per l'interrogatorio.