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Caso Pantani, il sospetto di due agenti: "Altri prima di noi nella stanza dove morì"

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Due date hanno segnato la discesa verso l'abisso di Marco Pantani: quella dell'esclusione dal Giro d'Italia con il famoso test dell'ematocrito, il 5 giugno 1999, e quella della morte per overdose di cocaina e farmaci a Rimini, il 14 febbraio 2004. Dopo numerose inchieste e di relativi stop, a indagare oggi sulla sorte del campione di ciclismo di Cesenatico è la Procura di Trento dopo il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sul presunto complotto ai danni del Pirata nel '99, quando la sua ormai certa vittoria al Giro avrebbe fatto saltare il banco delle scommesse clandestine. Vicenda a cui alluse a suo tempo il boss della mala Renato Vallanzasca e che ciclicamente è comparsa nelle inchieste su Pantani. E su cui oggi i magistrati di Trento stanno acquisendo documenti dalla procura di Forlì.

 

 

"Associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista", l'ipotesi di reato per ora senza indagati che si basa sul sospetto di una "manipolazione" a opera della camorra dei campioni ematici di Pantani. Dieci fino ad ora le persone informate sui fatti ascoltate in procura per ricostruire le modalità del prelievo e capire perché alla provetta non fu assegnato un numero progressivo e anonimo ma il 11440, apposto alla presenza di più persone. "Dalle carte, se si leggono attentamente, emergono elementi che quel controllo non sia stato fatto secondo i crismi di legge con condotte che avrebbero potuto interferire sul campione ematico - ha commentato  l'avvocato Fiorenzo Alessi che rappresenta la mamma del Pirata, Tonina Belletti, mentre il figlio Alberto segue Ferdinando Pantani -. Ora c'è un buon lavoro congiunto con la magistratura. Le circostanze sono la sostanza di un procedimento penale".

 

 

Dalle carte emergono testimonianze relative anche alla morte di Pantani, cinque anni dopo. "Ci diedero disposizioni affinché io e il collega aspettassimo fuori", si legge nelle sommarie informazioni, visionate da LaPresse, rese da due agenti della polizia scientifica nell'ambito dell'inchiesta per "associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista". "Prima entrarono altri nella camera dove morì Marco Pantani. La cosa mi parve strana in quanto sulla scena del fatto su cui si indaga, a mio parere, per primi dovrebbero entrare gli operatori della scientifica opportunamente attrezzati con calzari, guanti e tute", afferma un agente.  

La sera del 14 febbraio 2004 nella stanza D5 del residence 'Le Rose' di Rimini, oggi demolito, il corpo del campione fu ritrovato senza vita. La Commissione parlamentare antimafia rilevò "buchi investigativi" nelle "risultanze relative alla morte dello sportivo Marco Pantani ed eventuali elementi connessi alla criminalità organizzata che ne determinarono la squalifica nel 1999". Pertanto "appare non condivisibile la scelta, conseguente alla frettolosa conclusione delle indagini, di non rilevare le impronte digitali nel luogo del rinvenimento del cadavere, del tutto inspiegabile in considerazione della copiosa presenza di sangue, visibile dalle numerose fotografie della polizia scientifica, di cui si sarebbe dovuta verificare l'appartenenza", aveva concluso la Commissione antimafia.

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