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Spuntano altri 200mila documenti riservati della centrale dei dossier nell'Antimafia di De Raho

Rita Cavallaro
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Un pozzo senza fondo, che delinea la centrale del dossieraggio di Striano & Co, quel verminaio ordito all’Antimafia che ha spiato politici di centrodestra, vip e imprenditori. Una sorta di bancomat delle Sos che, per la Procura di Perugia, il finanziere Pasquale Striano avrebbe messo a disposizione di una rete di giornalisti, in concorso con l'ex pm Antonio Laudati. Il quadro ricostruito dal procuratore Raffaele Cantone rivela quel numero mostruoso di documenti trafugati dalle banche dati, a cui lo stesso capo dei magistrati perugini aveva già fatto accenno a marzo scorso, durante l’audizione in Commissione Antimafia. L’impianto accusatorio, sostenuto da 10mila pagine di accertamenti che per il gip di Perugia delinea gravi e plurimi indizi contro gli indagati, ieri avrebbe dovuto passare al vaglio del Riesame, al quale la Procura aveva fatto appello per ottenere l'arresto di Striano e Laudati, ravvisando solo per il finanziere il pericolo di reiterazione del reato e per tutti e due quello di inquinamento delle prove. Ma al Tribunale della Libertà c'è stato il colpo di scena, che rende ancor più vasta la proporzione del fenomeno "spioni". Il procuratore Cantone, infatti, ha depositato oltre 200mila documenti riservati, oltre alle migliaia già contestati, scaricati illecitamente dal capo del Gruppo Sos tra il 2019 e il 2022, quando a capo della Dna c’era il procuratore Federico Cafiero De Raho, oggi pentastellato vicepresidente della Commissione che indaga proprio sul dossieraggio.

 

 

Una valanga di atti, che lo spione ha estratto non solo dalla banca dati Sidda-Sidna che contiene le Segnalazioni per operazioni sospette e i dati finanziari, ma anche dallo Sdi e da Serpico, gli altri due sistemi in uso alle forze di polizia in cui sono racchiusi dai precedenti giudiziari ai semplici controlli amministrativi. E se una gran parte di atti riservati è stata inviata ai giornalisti indagati Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, rimane il mistero su dove sia stata dirottata la parte più cospicua, una grande mole di documenti che non si sono tradotti in articoli su Domani e dei quali, al momento, non c’è prova documentale di avvenuto scambio. Insomma, ci sono 200mila atti che Striano ha scaricato dai sistemi analisti e che, ad oggi, non si sa dove possano essere finiti. Una circostanza inquietante, che alimenta i dubbi sull’esistenza di un mercato parallelo delle Sos e su una centrale del dossieraggio, tanto più che gli accessi non si sarebbero fermati nemmeno dopo la denuncia di Guido Crosetto. Motivo per il quale gli inquirenti stanno effettuando ulteriori approfondimenti per risalire a presunti mandanti e ai destinatari dei dati riservati relativi ad altri politici e vip rispetto ai 300 nomi già noti.

 

 

Inoltre gli investigatori proseguono per individuare il "movente" di Striano, visto che al momento è escluso che il finanziere abbia agito per motivi economici. Tutti gli accertamenti patrimoniali effettuati sul suo conto, per verificare se abbia ricevuto eventuali utilità, hanno dato esito negativo. Oltre ai nuovi addebiti contro gli indagati, la Procura ha depositato al Riesame anche un'annotazione trasmessa dal procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, chiedendo «l’acquisizione in funzione di rafforzare l’impugnazione proposta, relativa al solo profilo delle esigenze cautelari», ha detto ieri Cantone al termine dell'udienza, durante la quale le difese di Striano e Laudati si sono opposti all’acquisizione, ritenendo irrituale il deposito di atti integrativi di indagine. «Si parla di tantissimi accessi, più del doppio di quelli già contestati, ma dobbiamo vedere gli atti», ha detto il difensore di Striano, Massimo Clemente, il quale ha spiegato che valuterà la possibilità di dichiarazioni spontanee da parte del suo assistito. Per l’avvocato di Laudati, il professor Andrea Castaldo, sarebbero «non utilizzabili gli atti prodotti dai pm e quindi da non inserire nel fascicolo». Per quanto riguarda la posizione dell’ex pm della Dna, il difensore ha spiegato che «c’è soltanto un unico profilo di approfondimento relativo a qualcosa che già sapevamo e che riguarderebbe uno dei profili che nell’appello della Procura riguarda l’inquinamento probatorio. Valuteremo se è il caso che Laudati rilasci delle dichiarazioni spontanee nella prossima udienza. Noi ci siamo opposti alla produzione di questi atti perché riguardano il merito della vicenda, mentre il Tribunale deve decidere soltanto sulle esigenze cautelari. Vediamo come deciderà». Una decisione che è stata rinviata al 12 novembre.

 

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