Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Giulia Cecchettin, fissata la data della sentenza per Filippo Turetta

  • a
  • a
  • a

Tutti d’accordo nel chiudere il più in fretta possibile il processo a Filippo Turetta per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin con un epilogo già fissato al 3 dicembre. In un clima di ’pace’ che di rado si vede nei tribunali, l’accusa, la difesa e i giudici concordano alla prima udienza nel dare ’per buono’ tutto il materiale raccolto nelle indagini che confluisce così nel fascicolo del dibattimento. In sostanza la Corte d’Assise di Venezia deciderà la condanna sulla base delle testimonianze rese agli investigatori dopo il delitto dell’11 novembre 2023, della confessione di Turetta e degli accertamenti tecnici, tra i quali l’autopsia e i rilievi sul corpo della ragazza aspirante ingegnere che amava disegnare fumetti. Il processo viene così ridotto all’osso: l’esame dell’imputato fissato nelle date del 25 e 28 ottobre e che, nella prospettiva del suo avvocato, Giovanni Caruso, è doveroso soprattutto «per onorare la memoria di Giulia», la requisitoria del pm Andrea Petroni e la camera di consiglio col verdetto degli otto giudici popolari, cinque uomini e tre donne, presieduti dal togato Giuseppe Manduzio.

 

 

La Procura ritira la sua lista di trenta testi, tra i quali carabinieri e familiari, la difesa l’unico che aveva indicato, il medico legale. Una soluzione che sembra poter portare vantaggi a tutti. Allo studente universitario recluso nel carcere di Verona impegnato, come riferito dal difensore, in un «percorso di maturazione personale del gravissimo delitto commesso» in nome del quale aveva già rinunciato all’udienza preliminare per velocizzare il giudizio. Un atteggiamento che forse in primo grado non darà dei frutti nel ridurre la pena, che probabilmente sarà quella dell’ergastolo per omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere, porto d’armi e sequestro di persona, ma che potrebbe garantirgli uno ’sconto’ in appello a 30 anni se abbinato a un percorso virtuoso in carcere. Quanto all’accusa, il procuratore Bruno Cherchi ha insistito molto in una delle pause dell’udienza sul rifiuto di una «spettacolarizzazione» del processo e la brevità va incontro a questo auspicio.

 

 

Il magistrato è arrivato ad affermare che «sarebbe grave se Filippo Turetta oggi non avesse partecipato all’udienza a causa della pressione mediatica». «Il processo serve ad accertare responsabilità personali - teorizza - e non è un processo contro il femminicidio ma a un singolo soggetto che si chiama Turetta e deve rispondere di un fatto che gli è contestato. Non è uno studio sociologico ma l’accertamento di una singola posizione». Posizione simile a quella di Caruso che invita a non eleggere Turetta a «vessillo contro la battaglia sulla violenza di genere» pur applaudendo all’impegno profuso dai familiari di Giulia per sensibilizzare l’opinione pubblica sui femminicidi. In assenza del reo confesso, tutti gli occhi sono su Gino Cecchettin, apparso in molti momenti solo col suo dolore e lo sguardo ’altrove’, in assenza dei figli Elena, che studia negli Usa, e Davide, a scuola («Ci siamo salutati come ogni giorno, senza parlare del processo»). E di nuovo, come nelle ore immediatamente successive all’omicidio, riappare l’uomo che sulla porta della villetta di Vigonovo, tra centinaia di fiori e peluche, respingeva quello che spesso l’assedio mediatico stimola: la rabbia contro il colpevole. «Non mi auguro nessun tipo di vendetta o di favore, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio. Essere qui rinnova il mio dolore, ho piena fiducia nelle istituzioni e la pena che decideranno sarà quella giusta». I giudici lo ammettono come parte civile (la sua richiesta è di un milione per i danni subiti), assieme allo zio di Giulia (150mila), al fratello Davide (380mila), alla sorella Elena e alla nonna Carla Gatto (150mila) che è in aula a sostenere il figlio Gino. Il 25 e il 26 novembre è prevista la discussione delle parti, pm, parti civili e difesa, poi la sentenza con una tempistica fulminea tanto quanto il «rumore» creato nelle piazze, nelle scuole e nelle case dalla storia di Giulia Cecchettin sembra non avere fine.

Dai blog