Processo Open Arms
Processo Open Arms, non c'entrano nulla coi migranti ma vogliono fare cassa su Salvini
Richieste legittime, giustificate e comprensibili o un (bieco) tentativo di racimolare il vil denaro in un processo con il quale poco o nulla hanno in comune? Al nostro giornale la curiosità non è mai mancata. E così ieri abbiamo deciso di spulciare le carte del processo dell’anno, quello che vede come imputato l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per l’ormai mitologico caso Open Arms. La nostra attenzione si è concentrata sulle associazioni che si sono costituite parte civile e hanno, di conseguenza, presentato una richiesta di risarcimento. Accanto ad immigrati africani convinti di aver subito chissà quale torti, ci sono organizzazioni, pubbliche e private, che onestamente hanno a che spartire con la difesa dei nostri confini come la polenta col fritto di pesce.
Ventisette soggetti che pretendono un totale di un milione di euro. Di queste, 14 sono associazioni e ong, gli altri sono singoli migranti. Solo l’ong Open Arms ha avanzato la richiesta di 380 mila euro, gli altri si sono mantenuti più bassi, convinti di poter guadagnare tra i 30 e i 50 mila euro. Ma entriamo, insieme, nel dettaglio. Perché Arci Sicilia, che come associazione ha scopi ricreativi e culturali, è convinta di essere stata danneggiata dalla decisione del leader della Lega? Mistero. Ancora meno logico ed attinente al tema del contrasto all’immigrazione clandestina la scelta di Legambiente nazionale e Legambiente Sicilia. A Palermo non si dibatte di un disastro ambientale, considerato dalla tesi accusatoria doloso.
Il punto è che, volendo parafrasare la vicenda processuale di Matteo Salvini con una partita di carte, certe organizzazioni vogliono far briscola con l’asso di picche quando, in realtà, sul tavolo da gioco regna cuori. Un autentico controsenso. E allora, come era solito dire un autentico gigante della Prima Repubblica come Giulio Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina (magari non in questo caso). «La passerella delle parti civili lascia perplessi: Legambiente prende soldi per tutelare l’ambiente o per attaccare Salvini?», si è chiesto il deputato del Carroccio, Francesco Bruzzone. Gli fa eco il collega di partito Anastasio Carrà.
«Peccato che Legambiente prenda soldi non certo per fare passerelle in tribunale come quella di oggi, ennesima declinazione di un livore quasi personalistico che sicuramente non fa gli interessi degli Italiani».
Scorrendo l’interminabile lista, il nostro occhio è caduto sulle amministrazioni comunali di Palermo (costituitasi quando Leoluca Orlando era sindaco) e, assurdo ma vero, di Barcellona, la citta spagnola guidata dal primo cittadino socialista Jaume Collbon. Senza dimenticare l’associazione Cooperazione internazionale Sud Sud, i Giuristi Democratici, l’osservatorio Antidiscriminazioni Noureddine Adnane e l’associazione Accoglierete per la tutela dei minori non accompagnati. Accanto alla ovvia presenza di Open Arms, non potevano certo mancare le ong Mediterranea di Luca Casarini ed Emergency. «Tutte le parti civili si sono riportate alle richieste che la Procura ha fatto in modo molto argomentato sia sulla ricostruzione dei fatti, sia sulle disposizioni giuridiche che sono state violate dell’imputato - ha affermato l’avvocato di Open Arms, Arturo Salerni - Noi confidiamo sulla pronuncia del Tribunale, riteniamo che ci siano tutte le condizioni per affermare la responsabilità penale dell’allora ministro dell’Interno».
È necessario ricordare come Anci e Legambiente ricevano consistenti contributi dallo Stato. Soldi dei contribuenti, utilizzati anche per la surreale passerella palermitana. «Il processo sta diventando sempre più un teatro dell’assurdo. La ciliegina sulla torta di fango è stata messa con l’intervento dell’unico sedicente sequestrato migrante visto al processo che, dopo essere stato curato, accolto, sfamato e mantenuto dagli italiani ha avuto persino il coraggio di chiedere 50mila euro per il disagio – ha sottolineato il senatore senatore leghista Claudio Borghi - Una cifra che milioni di italiani che si spaccano la schiena ogni giorno al lavoro non vedranno mai. Non è un processo ma una vergogna che sta costando agli italiani cifre incredibili e che quando finirà sarà sempre troppo tardi».