Giacomo Gobbato ucciso a Mestre, no al guanto di velluto per i delinquenti
No, non è una buona notizia. Il fatto che il moldavo quarantenne che ha assassinato Giacomo Gobbato a Mestre l’altra sera fosse incensurato e senza provvedimenti di espulsione pendenti dimostra, purtroppo, che l’Italia ha un problema enorme che spesso finge di non vedere: nelle nostre strade girano un sacco di balordi malintenzionati, molti dei quali ancora da individuare. Facciamo adesso la radiografia di quello che è accaduto. Giacomo ed un amico vedono il tentativo di rapina di questo moldavo ai danni di una donna. Intervengono, ma il criminale estrae il coltello e colpisce Giacomo a morte, ferendo anche l’amico. A quel punto l’assassino fugge e poco dopo cerca di rapinare un’altra persona, fino a quando viene fermato dalle forze dell’ordine.
Morale della favola: se vedi un malintenzionato aggressivo e pericoloso ti conviene girarti dall’altra parte e andare via, perché se cerchi di aiutare la vittima rischi la vita. Già, il pericolo che corriamo è proprio questo. Cioè che tutti, anche i più desiderosi di aiutare il prossimo, mettano da parte ogni volontà di soccorso per far prevalere un comprensibile sentimento di tutela della propria persona. Allora qui bisogna parlare il linguaggio della verità e bisogna dire che in giro per le nostre città, per le nostre piazze, per le nostre stazioni ferroviarie c’è un sacco di gente con cattive intenzioni, che vive di espedienti, furti, rapine, violenze, spaccio di droga. Lo sappiamo tutti quanti, perché li vediamo ogni giorno.
Accoltellato a morte per difendere una donna da una rapina: Mestre piange Giacomo
Così come sappiamo che nella stragrande maggioranza dei casi sono stranieri, quasi sempre non europei. E allora bisogna dire che la misura è colma, perché nel frattempo non solo abbiamo perso la vita del povero Giacomo, ma anche perché centinaia, anzi migliaia, di episodi senza il morto si verificano quotidianamente.Questa situazione va accettata così com’è, rassegnandoci di fronte al fatto che, pur nel lodevole sforzo delle forze dell’ordine, troppe sono le persone da tenere d’occhio, troppo fragili gli strumenti giuridici per affrontarli, troppo lenti i tempi della giustizia per emettere sacrosante sentenze di condanna? No, 1000 volte no. Non è vero che dobbiamo rassegnarci. Anzi è vero che si può intervenire partendo da un principio elementare: di fronte a problemi eccezionali si risponde con misure speciali. Il che non vuol dire negare i principi di convivenza libera e democratica, che non vanno mai messi in discussione. Ma vuol dire comprendere l’inadeguatezza dell’apparato con cui affrontiamo questa emergenza. Sappiamo quanto i temi della sicurezza facciano parte della piattaforma politica che ha portato Giorgia Meloni e la sua coalizione a stravincere nel 2022. E sappiamo quanto impegno vi sia da parte del ministro Piantadosi e di tutti i soggetti istituzionali impegnati nell’ordine pubblico. Ma sappiamo anche che è arrivato il tempo di fare qualcosa di diverso.
Ecco allora un paio di proposte: semplici e probabilmente anche ragionevoli. La prima: hai una condanna per furto in metropolitana o nella zona della stazione? Ti prendi un divieto per cinque 10 anni a stare in quei luoghi. E se ti becco finisci in galera per il solo fatto di stare lì. La seconda: hai una condanna per un fatto violento in un comune d’Italia? Per cinque o 10 anni ti vieto l’avvicinamento a quel comune ed alle zone limitrofe. In sostanza te ne devi andare. E se ti becco finisci in galera. Attualmente abbiamo il “daspo urbano” che risponde allo stesso principio, ma che però finisce solo in un provvedimento amministrativo (cioè una multa, e vorrei vedere quante ne sono state pagate). Invece è proprio questa la logica da cui dobbiamo uscire: non possiamo usare i guanti di velluto con una banda di delinquenti. Prima ce ne rendiamo conto, meglio è. Se non lo fa la destra al governo chi lo fa?