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Mafia, voti e affari a Trapani: in manette anche un ex senatore del Pd

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Operazione antimafia in provincia di Trapani e terremoto nella politica locale. In azione la polizia, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Eseguiti dieci arresti, su ordine del gip, tutti residenti in provincia di Trapani e accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché di traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi.

Il provvedimento cautelare arriva a valle di una indagine della squadra mobile di Trapani, condotta con i colleghi della Mobile di Palermo, della Sisco e del Servizio centrale operativo della polizia. Scoperti gli assetti e il «rinnovato dinamismo criminale» delle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi, dopo l’arresto dei numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse. In particolare, nel tentativo di colmare il vuoto progressivamente creatosi, la famiglia mafiosa alcamese avrebbe individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale, che avrebbe esercitato la reggenza. L’indagine avrebbe consentito di attribuire analogo ruolo di reggente ad un altro pregiudicato di Calatafimi, ritenuto a capo di quella famiglia mafiosa. Ricostruite anche diverse estorsioni, alcune consumate e altre solo tentate, in danno di imprenditori locali (tra i quali un imprenditore di Castellammare con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di auto). Altre estorsioni sarebbero state consumate ad Alcamo nei confronti del titolare di un maneggio, costretto ad abbandonare l’azienda in seguito a contrasti insorti con un uomo vicino al clan. La minaccia di ritorsioni avrebbe poi costretto un buttafuori trapanese ad abbandonare il proprio impiego presso un esercizio commerciale in favore del figlio di un noto pregiudicato destinatario del provvedimento cautelare.

L’inchiesta ha inoltre documentato l’esistenza di un «connubio affaristico-mafioso in grado di condizionare, anche dietro corrispettivo in denaro, il libero esercizio del consenso elettorale - dicono gli investigatori - facendo emergere la capacità dell’organizzazione di indirizzare il voto locale in favore di un candidato alcamese, coordinatore provinciale del movimento politico ’Via', cristallizzando chiari indizi di colpevolezza nei confronti di un ex Senatore della Repubblica alcamese, ispiratore del citato movimento e promotore di una richiesta di voti alla famiglia mafiosa, dietro un compenso in denaro pari a circa 3 mila euro, in occasione delle elezioni regionali siciliane del settembre 2022». L’inchiesta, inoltre, avrebbe fatto emergere diversi episodi di spaccio, condotti da Cosa nostra anche grazie all’apporto di fornitori albanesi, e alla detenzione di armi nascoste dagli indagati e nella disponibilità del gruppo, «evidenziando così la trasversalità e la caratura criminale dei sodali». Nel corso delle indagini uno degli indagati è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di oltre nove chili di marijuana. In quella occasione, nel corso della perquisizione, sono stati inoltre trovati due fucili a canne mozzate calibro 12, con relativo munizionamento, entrambi rubati. Eseguite in mattinata, infine, otto perquisizioni nei confronti di altrettanti indagati a vario titolo per traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi. 

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