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Papa Francesco, il monito sulla famiglia non vale tra i dipendenti vaticani: allo Ior chi sposa va via

Angela Bruni
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Nel giorno del suo primo discorso ufficiale davanti alle autorità in Indonesia, in cui papa Francesco è tornato a denunciare «le leggi di morte che limitano le nascite» sottolineando come le famiglie preferiscano avere cagnolini o gattini che mettere al mondo figli, esce la notizia del matrimonio tra due dipendenti dello Ior e il vincolo dell’istituto ceh, in caso di nozze uno dei due deve lasciare il posto di lavoro.

Un’incongruenza che mette non poco in difficoltà il diktat di Bergoglio che torna prendersela con gli animali. «Voi in Indonesia- ha detto il Santo Padre - avete famiglie con 3, 4 o 5 figli, e questo va bene, continuate avanti così. Forse queste famiglie preferiscono avere un gatto o un cagnolino, invece di un figlio. Questo non può andare bene».

 

Eppure in Vaticano si applica una misura diversa, soprattutto se non si considera che la crisi della natalità è dovuta a problemi economici e a una carenza dei servizi dedicati alla prima infanzia. Eppure all’Istituto per le Opere di Religione, in una norma interna, se ci si sposa tra dipendenti, uno dei due si deve dimettere. «La norma introdotta di recente per disciplinare il caso di matrimonio tra dipendenti rappresenta un chiaro esempio di iniziativa volta a colmare un vuoto legislativo», spiega lo Ior dopo che il caso di due giovani dipendenti convolati a nozze ha suscitato non poche polemiche, vista la costrizione al licenziamento di uno dei dei due. L’obiettivo «attraverso questa norma - chiariscono dallo Ior - è esclusivamente quello di garantire condizioni di parità di trattamento tra tutto il personale dipendente durante l’intero periodo di permanenza in servizio, oltre che nella fase di assunzione rispetto ai candidati esterni. Dal momento che l’Istituto riunisce poco più di cento di dipendenti in un’unica sede, senza filiali, tal norma è infatti fondamentale per prevenire sia inevitabili conflitti d’interesse di tipo professionale tra gli aspiranti coniugi interessati, sia l’insorgere di possibili dubbi di gestione familistica tra la propria clientela o il grande pubblico».

Tuttavia, non manca lo spirito caritatevole: «Riconoscendo che il matrimonio tra dipendenti rappresenta una probabilità coerente con un ambiente di lavoro aperto a uomini e donne, l’Istituto ha scelto di favorire l’interesse di coloro che manifestassero l’intenzione di unirsi in matrimonio, inserendo nella disposizione il diritto per la coppia di scegliere liberamente chi dei due interessati intenda mantenere il proprio ruolo, e accettando quindi la possibilità che sia la risorsa con un ruolo di maggior rilievo a uscire».

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