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Emanuela Orlandi, l'ultima pista dai nastri delle cassette. E riemergono i servizi segreti bulgari

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Gabriele Imperiale
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Ancora una volta la pista internazionale con i servizi segreti bulgari e della Stasi: ecco le ultime novità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e stavolta a finire sotto le lenti degli inquirenti è uno dei primissimi reperti che riguardarono il caso. Due audiocassette fatte recapitare a un poco meno di un mese dalla sparizione della giovane prima al Vaticano e poi all’agenzia Ansa. Dopo oltre quaranta anni il nastro su cui erano state registrate le sevizie ad una ragazza su di un lato e un appello per la liberazione di Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II, in cambio della liberazione della ragazza sull’altro, potrebbe essere determinante per svelare cosa accadde davvero alla giovane cittadina vaticana. Il motivo è presto spiegato. Innanzitutto, va detto che non è la prima volta che si parla delle audiocassette. Il mistero che le avvolge infatti ha fatto più volte notizia. Intanto perché gli originali dei due nastri – uno rinvenuto lungo il colonnato di piazza San Pietro, l’altro consegnato 3 giorni dopo all’Ansa la sera di domenica 17 luglio 1983 – furono distrutti e il loro contenuto riversato su altri dispositivi. Poi per il loro contenuto. Quello dell’Ansa venne ascoltato subito dagli inquirenti. Sul lato A una voce maschile chiedeva la liberazione di Ali Agca in cambio della restituzione alla famiglia della giovane. Sul lato B invece si sentivano i lamenti di una donna.

 

 

Nessun dubbio per i familiari di Orlandi che nella registrazione avevano subito riconosciuto la voce di Emanuela. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera la principale novità sulle audiocassette sarebbe da ricercarsi nella "sottotraccia" del nastro. Riascoltando il contenuto del lato A infatti si avrebbe conferma che il personaggio che parla e propone lo scambio tra Orlandi e Agca fosse davvero in contatto con i rapitori della ragazzina. Per appurare l’identità dell’uomo è stata fatta una perizia fonica sulla voce ed è emerso che, con una corrispondenza del 78%, colui che parla è quel Marco Accetti, personaggio molto noto nel caso Orlandi e considerato per anni solo un mitomane alla ricerca di notorietà sull’onda della scomparsa della cittadina vaticana ma collegato in qualche modo al caso. La sua voce era stata già indentificata con quella dell’Americano, l’uomo che telefonò ai familiari della ragazza pochi giorni dopo la sua scomparsa. Il nuovo clamoroso coinvolgimento nella vicenda potrebbe aprire altri scenari. Secondo il quotidiano, infatti, potrebbe non essere stato uno dei rapinatori, ma almeno una pedina operativa.

 

 

Ruolo di Accetti a parte, il Corriere ipotizza quale fosse il reale obiettivo dei rapitori: il rapimento Orlandi nonostante le richieste contenute sul lato A non doveva servire a far liberare Ali Agca, ma a coprire i mandanti bulgari dell'attentato a Giovanni Paolo II. Sviare le indagini avrebbe così contribuito a non fermare quel dialogo con l’Est in linea con la “Ostpolitik” – la normalizzazione dei rapporti tra Germania Est ed Ovest tanto voluta dal cardinale Casaroli. Crede nella pista internazionale e al coinvolgimento nel caso di spie bulgari e della Stasi anche il giudice Ilario Martella, a capo delle indagini sull'attentato a papa Giovanni Paolo II, nel 1981, e titolare del caso di Emanuela Orlandi dal 1985 al 1990. Il magistrato ha chiarito più volte di aver consultato alcuni file desecretati dopo il 1989 contenenti dei messaggi scambiati fra i ministri bulgari e il capo della Stasi, Erich Mielke, in cui si brindava all'assoluzione degli altri esecutori dell’attentato a Giovanni Paolo II.

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