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Sharon Verzeni, l'interrogatorio di Moussa Sangare: cosa ha detto al giudice

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Moussa Sangare, il 30enne che ha confessato l’omicidio di Sharon Verzeni, durante l’interrogatorio di questa mattina nel carcere di Bergamo, dove si trova in una cella singola dallo scorso venerdì, ha «risposto alle domande» della gip Raffaella Mascarino e «sostanzialmente ha confermato le dichiarazioni che aveva già reso», ha riferito il suo legale, Giacomo Maj, lasciando la casa circondariale di via Gleno. 

 

 

Durante le circa due ore di interrogatorio, alla presenza dell’avvocato e del pm Emanuele Marchisio, Sangare - a quanto riferisce la sua difesa - ha confermato sia di aver minacciato due ragazzini prima di uccidere Sharon, sia di essersi esercitato con il coltello con una statua di donna nel parco di Terno d’Isola, oltre che con il cartonato con il disegno di una faccia, trovato dai carabinieri nella casa di Suisio. Il reo confesso ha inoltre «spiegato alcune azioni che sono state fatte nei giorni successivi», dal disfarsi di coltelli e indumenti, fino al taglio di capelli e alle modifiche alla bicicletta usata quella notte, per non essere rintracciato. Non si sa se nei trenta giorni trascorsi tra l’omicidio e il fermo Sangare fosse mai tornato a Terno d’Isola, il paese in cui si è consumato il delitto, a pochi chilometri da Suisio, dove il 30enne vive. 

 

 

«Non pare» invece - ha detto l’avvocato Maj secondo quanto riferisce l’Adnkronos - che il 30enne fosse sotto l’effetto di droga quando ha ucciso Sharon «senza un motivo», solo perché «sentiva il feeling di fare del male». La procura, che contesta a Sangare l’omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, ha chiesto al gip la convalida del fermo e l’applicazione della custodia cautelare in carcere.

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