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Sharon Verzeni, “non doveva finire così”. La sorella di Moussa Sangare: anch'io minacciata

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Era stato segnalato ai servizi sociali del comune di Susio Moussa Sangare, il 30enne reo confesso dell’omicidio di Sharon Verzeni. Lo avevano fatto sia la sorella sia i vicini di casa per i comportamenti irascibili del ragazzo. La prima richiesta d’intervento era stata fatta nel luglio 2023 quando Sangare aveva dato fuoco alla cucina dell’appartamento in cui abitava insieme alla madre e la sorella minore 24enne. Il sindaco aveva firmato un’ordinanza di inagibilità dell’immobile al secondo piano della palazzina di via San Giuliano. Nei mesi successivi la sorella aveva provato anche a sollecitare un intervento di tipo sanitario, che sarebbe caduto nel vuoto. Parallelamente Sangare era stato denunciato alla procura in tre occupazioni diverse, l’ultima nel maggio 2024 per l’ipotesi di maltrattamenti familiari. Era stato attivato il codice rosso dal pm di Bergamo. Non erano state adottate misure cautelari perché Sangare non aveva avuto più rapporti con la madre e la sorella.

 


Ed è proprio Awa Sangare a raccontare all’Eco di Bergamo come lei sia sfuggita ad un destino di morte: “Quando ci hanno detto che era stato lui a uccidere quella povera ragazza, siamo rimaste choccate. Sapevamo che non stava bene, ma mai avremmo potuto pensare che potesse arrivare a questo. Non doveva finire così, assolutamente no. Il nostro pensiero va a quella povera ragazza, a Sharon e alla sua famiglia, siamo molto addolorate. Per mio fratello nessuno si è mosso - denuncia Awa -. Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza, per affidarlo a chi potesse aiutarlo, ma lui ha sempre rifiutato. A noi, dopo aver verbalizzato le denunce, hanno dato i volantini dei centri antiviolenza, mentre per un ricovero in qualche centro per fare uscire Moussa dalla dipendenza ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi in modo volontario”.

 

 

“Le minacce con il coltello - rivela Awa - ci sono stati giorni in cui la paura era sempre dentro le mura di casa, non mi lasciava mai. Giorni in cui urlava, parlava da solo, delirava. Negli ultimi tempi, non si è più mostrato violento con noi. Prima dello scorso aprile non aveva mai usato un coltello contro di noi. Ma quel giorno, il 20 aprile, mi ha raggiunto alle spalle mentre stavo ascoltando la musica in sala e mi ha minacciato con un coltello. Io non mi ero accorta di niente; mia mamma, che da quando ha avuto l'ictus non riesce più a parlare, cercava di farmi capire che ero in pericolo. Allora io mi sono girata e Moussa si è fermato. Se n'è andato, ridendo”. Una tragedia annunciata.

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