Giornalisti indagati, l'avvocato della vittima: "Ecco le prove che la trattavano come un oggetto"
Una presunta vittima di abusi sessuali mai ascoltata, due giornalisti di sinistra indagati e l’incontro con l’unico testimone. È una storia con tante ombre quella che vede coinvolti il cronista del quotidiano Domani, Nello Trocchia, e sua moglie Sara Giudice, inviata di La7, entrambi accusati di violenza sessuale nei confronti di una collega. La vicenda, sulla quale è stato mantenuto il massimo riserbo, risalirebbe alla notte del 30 gennaio 2023 quando, dopo la festa di compleanno della Giudice, la coppia era rientrata a casa a bordo del taxi insieme a una delle invitate. «Appena si sono chiuse le portiere me li sono ritrovati addosso», ha denunciato la presunta vittima alla polizia il 2 febbraio dello scorso anno. La ricostruzione messa agli atti dalla ragazza vede Trocchia e la moglie protagonisti di effusioni alle quali lei sostiene di non aver dato il consenso, stretta tra i due sul sedile posteriore di un taxi e impossibilitata a muoversi.
«Non riuscivo a reagire», ha scritto nella denuncia. E, convinta che un paio di cocktail alcolici non avrebbero potuto avere quell’effetto, all’indomani delle presunte molestie ha effettuato le analisi presso un laboratorio privato, risultando positiva alla droga dello stupro, seppure il successivo test dell’Istutito superiore di Sanità è negativo. È così che ha deciso di denunciare, ripercorrendo l’intera serata nel locale, poi la disavventura nel taxi e l’insistente richiesta di concludere a casa della coppia. Infine quel momento di lucidità che le ha consentito di risalire nel taxi. Di quella corsa di sette minuti, l’unico testimone è appunto il tassista, il quale ha raccontato che la ragazza «tremava» tanto che lui stesso le dice di stare tranquilla, «perché non le sarei saltato addosso come quell’altro».
Il conducente dell’auto bianca, a seguito della denuncia della giornalista, è stato convocato per rilasciare la sua testimonianza, ma il telefono era già stato messo sotto intercettazione, visto che la sera del primo febbraio, quell’unico testimone aveva incontrato Trocchia, il quale lo avrebbe contattato per recuperare il cappello che la moglie aveva lasciato sul taxi. «Niente era la storia de una che mi era entrata in macchina, uno che ha cominciato a provà co la moglie, ce provavano tutt’e due co questa se la volevano portà a casa, io l’ho presa e l’ho riportata a casa a lei», dice a un amico. In una chiamata successiva riferiva all’interlocutore di aver detto tutto quello che aveva visto e aggiungeva: «Io non lo so io te giuro a me non me pareva tutta sta pesantezza...non so che ditte, non lo so lei che ha fatto... probabilmente ha fatto la denuncia perché sennò non mi avrebbero chiamato». E ancora: «Mi hanno fatto tremilacinquecento domande, io gli spiegavo che non è che ho visto, non ho visto niente». Mentre la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per Trocchia e Giudice, il difensore della vittima, Alessandro Gentiloni Silveri, scrive sul punto nell’istanza di opposizione: «Valga rilevare come la richiesta di permesso alla moglie e non alla mia assistita (di Trocchia riguardo a poter baciare la ragazza, ndr) va a confermare che la signora veniva trattata come una sorta di oggetto dai due indagati.
Tali dichiarazioni smentiscono frontalmente e senza appello la versione di Trocchia, che avrebbe chiesto alla mia assistita se, vedendola baciarsi con Sara, volesse baciare anche lui». Moglie e marito sostengono che è stata la collega a provarci per prima e che fosse consenziente. Peccato che alla presunta vittima nessuno ha chiesto niente, visto che non è stata ascoltata dai magistrati, nonostante il codice rosso lo preveda.