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Santa Compagna Chiesa. Dall'autonomia ai migranti, il Vaticano cambia linea

Tommaso Manni
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La fazione progressista della Chiesa, una delle tre anime in cui è divisa, è scesa in campo e attacca sui migranti, ius scholae e sull’Autonomia. Sembrano lontani i tempi in cui il Pontefice presenziava al G7 a Borgo Egnazia a fianco della premier Giorgia Meloni. Ma partiamo dall’inizio. Durissimo l’attacco del Papa contro chi «sistematicamente e con ogni mezzo respinge i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave». Per quanto alcuni, anche all’interno del Vaticano, abbiano potuto storcere il naso non è strano da parte del Pontefice una presa di posizione, seppur dura, sui migranti. Il Papa fa il Papa, giusto per semplificare il concetto. E se poi si va ad analizzare le sue dichiarazioni si capisce che in fondo le sue posizioni non sono poi così diverse da quelle del governo. Quando il pontefice dice che è «necessario» aprire «vie di accesso sicure e regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, violenze, persecuzioni e da varie calamità» non dice niente di diverso dal concetto che ha ispirato il Piano Mattei. Trovare una via sicura per farli arrivare e soprattutto fare in modo che una volta che sono sbarcati non debbano girovagare per la penisola in balia degli eventi aspettando il giorno in cui inizieranno a delinquere, anche solo per necessità. Ma cercare di creare le condizioni, già in partenza, per fare in modo che arrivino e trovino un’occupazione.

 

 

Quando il Papa dice che bisogna unire le forze «per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano le miserie altrui» non dice nulla di differente da ciò per cui è nato il Decreto Cutro: dare la caccia agli scafisti e ai trafficanti di essere umani in tutto il «globo terracqueo». Però, come già detto, il Papa fa il Papa. Quello che stupisce sono le dure prese di posizioni della Cei che è il vero organo di governo all’ombra del Vaticano. Le parole del vicepresidente della Cei Francesco Savino contro l’autonomia differenziata, bollata come «un pericolo mortale» e a favore dello ius scholae considerato un «atto di giustizia» se da una parte hanno fatto piacere a Forza Italia e Tajani, dall’altra hanno mandato su tutte le furie la Lega. Se l’apertura sulla riforma della legge sulla cittadinanza può essere letta come una strizzata d’occhio di Forza Italia al mondo cattolico, via Bellerio fa un’altra scelta. Il leader del Carroccio non le manda a dire: «I vescovi italiani sparano a zero sull’Autonomia, approvata in Parlamento e riconosciuta in Costituzione. Con tutto il rispetto, non sono assolutamente d’accordo: l’Autonomia porterà efficienza, modernità, più servizi ai cittadini e meno sprechi». Ma sul punto è arrivata anche la dura risposta del governatore del Veneto Luca Zaia che è già pronto a chiedere nove materie dopo il via libera definitivo al ddl Calderoli. Si dice «sorpreso e rammaricato» dalle parole di Savino. «Siamo abituati a una Chiesa che indica la via, la rispettiamo ma stavolta - sottolinea il governatore - la direzione è sbagliata, alimentata da un’informazione di parte. È importante capire se si tratta di un’opinione isolata o di una posizione ufficiale della Cei».

 

 

Nel giorno in cui la premier ha ricevuto a Palazzo Chigi il presidente della Regione Calabria e vicesegretario di Forza Italia, Roberto Occhiuto, fra i più scettici dopo il varo della riforma, il dibattito si infiamma. La Lega apre anche un altro fronte con la Cei proprio sul dossier migranti. «La Cei dovrebbe essere chiara con i fedeli e dire loro quanti migranti intende ospitare in Vaticano. Le critiche costruttive sono sempre apprezzate, quindi siamo certi che i vescovi sapranno proporre soluzioni concrete. Non vogliamo credere che la Conferenza episcopale italiana possa essere influenzata in alcun modo dalla politica» osserva il deputato di via Bellerio Igor Iezzi capogruppo in commissione Affari costituzionali. E il collega Rossano Sasso rincara la dose: «La notizia apparsa sui quotidiani secondo cui alcune missioni delle Ong, vicine ad ambienti dei centri sociali, sarebbero state finanziate anche con risorse provenienti dalle offerte dei fedeli, pone degli interrogativi sull’atteggiamento della Cei».

 

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