inchiesta
Due giornalisti indagati per violenza sessuale, la denuncia della collega. I legali: “Ricostruzione falsa”
Due giornalisti di spicco, Nello Trocchia, inviato del quotidiano Domani, e Sara Giudice, reporter di Piazzapulita su La7, sono al centro di un’inchiesta per stupro di gruppo avvenuto a Roma. I due sono indagati ai sensi degli articoli 609 octies e 609 ter del codice penale, con l’aggravante dell’uso di sostanze alcoliche o stupefacenti nei confronti della presunta vittima, anch’essa giornalista. Tuttavia, riferisce La Verità, la pm titolare del fascicolo ha recentemente avanzato una richiesta di archiviazione, suscitando l’opposizione della vittima. Sarà il giudice a decidere sul caso nell’udienza fissata per dicembre.
I fatti risalgono alla sera del 29 gennaio scorso, quando la presunta vittima si trovava in un pub a Trastevere per festeggiare il compleanno di Giudice, in compagnia di alcuni amici, tra cui Trocchia. La donna, dopo aver consumato una birra e due gin tonic, si sarebbe trovata da sola con i due giornalisti, quando il gruppo di amici ha lasciato il locale. Secondo il racconto della vittima, Giudice avrebbe assunto atteggiamenti disinvolti, baciandola sulla bocca e passando della panna sulle sue labbra, mentre Trocchia commentava la scena. La situazione sarebbe poi degenerata quando la presunta vittima ha bevuto un sorso di whisky, di cui non ricorda l'origine, e i tre sono usciti dal locale per prendere un taxi. Durante il tragitto, Giudice e Trocchia si sarebbero seduti ai lati della giovane, iniziando a baciarla e palparla. La ragazza, in stato di confusione, non sarebbe riuscita a reagire fino a quando, una volta arrivati sotto casa della coppia, non ha avuto un momento di lucidità e ha deciso di riprendere il taxi per tornare a casa.
Rientrata a casa, la ragazza ha raccontato l’accaduto al compagno e ha deciso di sottoporre le sue urine ad analisi, che hanno rilevato la presenza di Ghb, la cosiddetta "droga dello stupro". Però il controesame effettuato dalla procura ha dato esito negativo, e una nuova consulenza della difesa ha messo in discussione la metodologia utilizzata per il test iniziale. La pm ha successivamente respinto la richiesta della vittima di effettuare un’analisi del capello. Durante le indagini, è stato ascoltato anche il tassista che ha trasportato i tre quella notte. L’uomo ha riferito di aver sentito Trocchia chiedere a Giudice il permesso di baciare la ragazza, che a suo dire sembrava biascicare. Nel corso degli interrogatori, Trocchia ha confermato quanto accaduto, sostenendo che la vittima, inizialmente intenzionata a seguire la coppia a casa, abbia poi cambiato idea. Giudice, dal canto suo, ha affermato che la ragazza avrebbe preso l’iniziativa. Nella richiesta di archiviazione, la pm ha evidenziato che la vittima non era «in grado di determinarsi» e ha concluso che gli indagati potrebbero essere «incorsi in errore in relazione al suo consenso alle condotte oggetto di denuncia». Ora, spetterà al giudice delle indagini preliminari sciogliere le ambiguità emerse e decidere se archiviare il caso o procedere con ulteriori indagini.
In una nota gli avvocati Grazia Volo e Virginia Ripa di Meana, legali dei due giornalisti accusati di stupro di gruppo, hanno voluto precisare come stanno le cose: «In merito all'articolo del quotidiano la Verità su una dolorosa vicenda privata che riguarda Sara Giudice e Nello Trocchia e una terza parte denunciante, con questo comunicato segnaliamo che la procura della Repubblica di Roma, dopo approfondite indagini durate diversi mesi, ha deciso di non esercitare l'azione penale e per questo ha chiesto l'archiviazione nei confronti di Trocchia e Giudice. La ricostruzione odiosa e falsa dei fatti compiuta da La Verità e ripresa da altri media nazionali contrasta totalmente con le risultanze investigative che dimostrano la totale infondatezza della denuncia e della versione della denunciante. Gli articoli sono stati scritti nel disprezzo delle regole deontologiche che impongono la verifica delle notizie. Per conseguenza gli articoli contengono informazioni volutamente false. Per queste ragioni tuteleremo la reputazione dei nostri assistiti in ogni opportuna sede giudiziaria sia nei confronti della stampa che della denunciante, nei confronti della quale si profila il reato di calunnia».