(IN)GIUSTIZIA

Migranti, ecco come le toghe rosse li liberano

Giuseppe China

Se la stagione estiva e il relativo picco di arrivi di migranti si avvia verso la conclusione, quella dei provvedimenti delle toghe rosse che annullano i trattenimenti nei Cpr degli stranieri sbarcati sulle nostre coste non conosce crisi. Eleonora Bruno e Sara Marino sono i due magistrati del Tribunale civile di Palermo che 48 ore fa non hanno convalidato il fermo di cinque tunisini, disposto in precedenza dal questore di Agrigento. Quest’ultimo aveva avviato nei confronti degli stranieri (di età compresa tra i 33 e i 40 anni) la procedura accelerata di frontiera che permette di trattenere una persona per un massimo di 28 giorni in un Cpr, con l’obiettivo di accertare se chi ha fatto domanda abbia o meno il diritto ad avere la protezione internazionale. Gran parte del ragionamento giuridico fatto dalle due toghe siciliane ruota intorno ad alcuni principi dell’Ue.

 

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Nel dettaglio «i richiedenti possono essere trattenuti soltanto nelle circostanze eccezionali (...) e in base ai principi di necessità e proporzionalità per quanto riguarda sia la modalità che le finalità di tale trattenimento». Quest’ultimo è citato come «ultima risorsa e solo dopo che tutte le misure non detentive alternative al trattenimento sono state debitamente prese in considerazione». L’ordinamento italiano prevede che il migrante possa essere fermato all’interno di un Cpr nel caso in cui «non abbia consegnato il passaporto ovvero non presti idonea garanzia finanziaria». Proprio su tale aspetto bisogna ricordare che il governo, dopo i provvedimenti dello scorso settembre del magistrato «apripista» Iolanda Apostolico (la prima a non convalidare i trattenimenti degli stranieri poco dopo l’introduzione del cosiddetto decreto Cutro), a giugno ha abbassato la somma da 5.000 a 2.500 euro. Ecco cosa scrive Marino per motivare la sua decisione: «La consegna del passaporto (...) è piuttosto configurata dal legislatore nazionale come una causa generale di esclusione (nel senso che, se si consegna il passaporto, non si può in nessun caso disporre il trattenimento). Si tratta peraltro - aggiunge il magistrato Marino - nella prassi, di una eventualità di difficilissima realizzazione, essendone i richiedenti asilo quasi sempre privi». Poi in scia a quanto stabilito dalla Cassazione la toga suggerisce che vengano prese in considerazione come «l’obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove lo straniero possa essere agevolmente rintracciato, ovvero l’obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza territorialmente competente». Dunque Marino conclude: «(...)Alla luce di tali argomentazioni, il provvedimento emesso dal questore di Agrigento non può essere convalidato, in assenza della dovuta motivazione sulla necessità del trattenimento, sulla sua proporzionalità e sull’impossibilità di fare efficace ricorso alle altre misure alternative, di tipo non coercitivo».

 

 

Come detto sono cinque i tunisini che adesso sono liberi di poter circolare e rendersi irreperibili nel territorio italiano. Alla decisione opposta è invece giunto un collega di Bruno e Marino, Michele Guarnotta che ha convalidato il fermo di un altro straniero anch’esso trattenuto nel Cpr di Porto Empedocle (Agrigento). Il segno opposto nelle decisioni dei magistrati potrebbe conoscere una conclusione il prossimo 17 settembre quando la Cassazione discuterà nel merito la rinuncia del ministero dell’Interno relativa alle «liberazioni» disposte dalla toga Apostolico. È probabile che fino ad allora le decisioni in favore dei migranti continueranno a fioccare.