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Yacht affondato "perché non a distanza di sicurezza"? il dubbio dell'esperto sul meteo

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A dominare le cronache degli ultimi due giorni è stato il naufragio del veliero affondato al largo di Palermo. Riprendono stamattina le ricerche dei sei dispersi. I sommozzatori speleo dei vigili del fuoco ieri hanno ispezionato l’interno del relitto, in operazioni che sono state definite dagli stessi "lunghe e complesse". I sub sono riusciti ad aprire un varco nello scafo del relitto di 56 metri. A bordo dell’imbarcazione c’erano 22 persone, 15 sono state tratte in salvo ed è stato recuperato il corpo senza vita di un componente dell’equipaggio. Intanto si cerca di capire quali potrebbero essere stati i fattori che hanno causato la tragedia. "Se un’imbarcazione esce dal suo assetto originale per il quale è stata progettata, allora affonda" e "penso che l’imbarcazione si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato". Così Rosario Marretta, professore di Fluidodinamica computazionale dell’Università di Palermo, ha commentato la vicenda un' intervista a Repubblica.

 

 

"Mi risulta che l’opera morta del veliero, cioè la parte situata al di sopra del piano di galleggiamento, fosse abbastanza elevata. Nella fattispecie, qualora la corrente d’aria abbia impattato la murata dell’imbarcazione quasi perpendicolarmente, sono entrate in ballo sia la resistenza aerodinamica che quella idrodinamica provocando il capovolgimento della barca la cui grandezza della superficie ha determinato l’aumento della resistenza", ha continuato. Il professore ha affermato che il "veliero era disposto dal lato sbagliato". Poi il commento finale: "Di norma è uso guardare le carte nautiche e meteorologiche, ma ammesso che si sia formata una tromba marina e che dunque si possa innalzare istantaneamente e localmente la velocità e la direzione del vento, dobbiamo chiederci piuttosto come mai con un bollettino meteo in forte peggioramento, la barca si trovava in piena notte a una distanza che non era quella di sicurezza dalla costa". 

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