Carceri, il governo non ceda al ricatto dei detenuti. Le soluzioni non mancano
Tutto si può fare difronte all’emergenza carceri tranne che metterla sulle spalle degli italiani per bene. Ma proprio per questo governo e Parlamento hanno un solo limite invalicabile nel decidere il da farsi: respingere il ricatto che viene dai detenuti e che proprio in queste settimane si va manifestando con violenza e prevaricazione. Attenzione perché questo è il punto centrale della questione, a maggior ragione se consideriamo come sono andate le cose in passato. Per i meno dotati di memoria conviene ricordare che nei decenni alle nostre spalle il tema delle carceri in sovraffollamento si è presentato più volte ed è sostanzialmente sempre giunto a una qualche forma di soluzione rimettendo in libertà (o in forme certamente meno controllate della detenzione carceraria) alcune migliaia di persone.
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Ebbene ogni cittadino dotato di senso dello Stato e approccio ragionevole alle questioni di giustizia sa che il carcere deve avere finalità di rieducazione e reinserimento nella società. In soldoni, in un Paese civile non si ragiona dicendo «mettiamoli là dentro e buttiamo via la chiave». Al tempo stesso però non è ammissibile in alcun modo fingere di non vedere che proprio in questi giorni «radio carcere» incita i detenuti ad atti di violenza diffusa, che non a caso si stanno verificando in molti istituti (Parma, Torino, Biella, Ivrea, Pescara, La Spezia, Bari, Firenze, Trieste, Prato, Terni, Roma). Perché accade tutto questo? Per una ragione molto semplice: i detenuti (alcuni con condanna ma molti in attesa di giudizio) «respirano» aria buona per loro, nel senso che intravedono buone possibilità di uscire o, nella peggiore delle ipotesi, di finire in strutture diverse da quelle in cui si trovano. Ecco allora lo strumento che da sempre viene usato per aumentare la pressione sulle istituzioni: rendePersone Il numero totale dei detenui presenti nelle carceri italiane re la vita impossibile agli operatori (polizia penitenziaria, personale sanitario, assistenti sociali) affinché si associno ad una richiesta di intervento ogni giorno più pressante.
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Lo si chiami come si preferisce ma io penso che tutto questo ha definizione perfetta in una sola parola: ricatto. Proprio per questo però esso deve essere respinto nella maniera più assoluta e ciò deve valere ancor di più per il governo Meloni, che fa della sicurezza uno dei punti distintivi del suo programma. Questo significa eliminare il problema senza affrontarlo? Certo che no. Occorre lavorare immediatamente indicando strutture in grado di ospitare i detenuti meno pericolosi senza però consentire loro di nuocere.
Ed occorre con onestà intraprendere un programma per nuove carceri avendo il coraggio di abbandonare edifici obsoleti ed inefficienti, la cui collocazione al centro delle città però ha sempre fatto comodo a tutti, avvocati e magistrati compresi.
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Infine si può provvedere ad allestire alcune delle infinite proprietà dello Stato che giacciono inutilizzate dove si potrebbero con relativa facilità creare dei polmoni in grado di funzionare nei picchi di emergenza (ex caserme, solo per fare un esempio).
Poi, naturalmente, ci sono gli aspetti legati ai tempi delle sentenze ed all’applicazione delle norme. Molto insomma si può fare, ma rimettere in circolazione piccoli e grandi delinquenti per il solo fatto che non si riesce a gestirne la detenzione è offesa mortale per il cittadino che paga le tasse e cerca solo di vivere in una nazione accettabilmente sicura. La presidente Meloni, il ministro Nordio e il ministro Piantedosi respingano senza indugio alcuno il ricatto dei detenuti. Anch’essi sono persone e molti di loro sono italiani.
Quindi anche di loro ci dobbiamo occupare. Ma innanzitutto ci dobbiamo occupare degli altri che non possono essere sempre quelli che pagano il conto.