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Pensioni 2025, cos'è e come funziona Quota 41: requisiti e contributi

Luca De Lellis
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Non interessa più quanti anni hai: se hai versato contributi per 41 anni, indipendentemente dall’età, puoi andare in pensione. La proposta della Lega – “Quota 41”, per l’appunto - è destinata a scaldare i cuori di milioni di italiani. Se ora, infatti, il sistema in vigore “Quota 103” prevede che, oltre al vincolo dei 41 anni di contributi, sussista anche una soglia minima di 62 anni compiuti per appendere le proprie fatiche al chiodo, il nuovo progetto del Governo mira ad avvicinare di più l’ambito traguardo della pensione ai lavoratori. È quanto riportato da Quotidiano Nazionale, che aggiunge come questa strategia di welfare per il 2025 concorra a delineare un quadro innovativo nell’ottica del pacchetto di misure sulla previdenza, la cui principale novità è proprio Quota 41 che il partito di Matteo Salvini vorrebbe far passare in autunno nell’ambito della prossima Manovra finanziaria.

Insomma, il progetto del Carroccio – patrocinato in particolare dal sottosegretario all’Economia Claudio Durigon -, Quota 41, mira a scacciare Quota 103 nella Legge di Bilancio 2025. La seconda ha giocato un ruolo fondamentale nel contenere la spesa pensionistica nell’anno ancora in corso, ma adesso per il Governo, specie per la Lega, è ora di voltare pagina. È chiaro come tale misura comporti un incremento dei costi per lo Stato, che come accaduto per la Manovra scorsa dovrà fare di necessità virtù date le scarse risorse a disposizione, in relazione anche alla sua aderenza ai paletti imposti dall’Unione Europea a causa del deficit. Ed è per questo che Quota 41 deve prevedere anche un tassello in grado di fare da contraltare all’aumento della spesa pensionistica. In conseguenza di ciò troviamo nella proposta della Lega il necessario inserimento del ricalcolo contributivo dell’assegno per la flessibilità in uscita, cioè per chi sceglierà di dire addio al mondo del lavoro usufruendo della normativa. 

Quota 41 pura, basata sui sistemi di calcolo misti propri di chi abbia cominciato a lavorare negli anni Ottanta, peserebbe troppo sulle casse dello Stato: circa 4 miliardi nel 2025 e 9 miliardi l’anno a regime. Uno sborso eccessivo. In virtù di ciò, il contraltare di cui sopra, sarà rappresentato dal calcolo dell’assegno esclusivamente con il sistema contributivo introdotto nel 1996 dalla Riforma Dini. Il metodo contributivo, meno vantaggioso per i lavoratori, si discosta da quello retributivo per essere un sistema di calcolo della pensione determinato esclusivamente in funzione dei contributi versati nell'arco della vita lavorativa, e non delle ultime retribuzioni percepite. Badando al sodo, il taglio all’assegno pensionistico oscillerebbe tra il 15 e il 20%, ma in alcuni casi potrebbe superare anche il 20% con effetti crescenti per gli anni successivi. La strada per arrivare all’approvazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) è ancora lunga, ma il progetto Quota 41 sta prendendo vita.

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