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Liberato Boccaccini il brigatista rosso che ammazzò Marco Biagi

Aldo Torchiaro
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Studiava il mondo del lavoro che cambia, il giuslavorista bolognese Marco Biagi. E i terroristi studiavano lui. Era la sera del 19 marzo del 2002 quando Biagi venne ucciso da un commando brigatista sotto casa sua in via Valdonica, nel cuore di Bologna. Tornava, pedalando in bicicletta tra i portici del centro, dopo essere sceso dal treno che lo riportava dall’università di Modena. Insegnava Diritto del Lavoro e Diritto sindacale. Tutti i suoi spostamenti, dalla stazione a casa, erano pedinati da tempo. E Biagi lo sapeva, lo sospettava. Aveva chiesto la scorta. Gliela avevano data, poi tolta. Per l'omicidio del professore sono stati condannati all'ergastolo gli appartenenti alle Nuove Brigate Rosse Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma e Diana Blefari. E Simone Boccaccini, che ieri è tornato in libertà. Il suo nome è legato a una condanna per oltre 25 anni complessivi per aver preso parte all'uccisione di Biagi e a quella di Massimo D'Antona anche lui giurista, assassinato dalle Nuove BR il 20 maggio del 1999. Adesso torna libero.

 

 

Fiorentino, ora 64enne, Boccaccini era un idraulico dipendente del Comune di Firenze e sindacalista delle Rdb - poi radiato quando fu arrestato. È uscito dal carcere di Alessandria, dove stava scontando la sua pena, grazie a una riduzione di 10 mesi e alla buona condotta in carcere ravvisata dal Tribunale di Sorveglianza. Accusato di aver partecipato alla fase preparatoria del delitto, ossia ai pedinamenti di Biagi a Bologna nei mesi e nei giorni precedenti l'agguato, Boccaccini era stato condannato, nel 2005, all'ergastolo dalla Corte di Assise di Bologna. Pena ridotta a 21 anni in Appello nel 2006 e confermata in Cassazione nel 2007. Nel 2005, assolto dall'accusa di omicidio per la morte di Massimo D'Antona, era stato condannato a 5 anni e 8 mesi per associazione sovversiva confermata in Cassazione nel 2007. La sua liberazione anticipata lacera una ferita impossibile da rimarginare per i familiari di Marco Biagi. «Totale indifferenza nei confronti di questo assassino - dice il figlio Lorenzo - l'unica cosa che conta per me è andare ovviamente avanti nella mia vita, con mio babbo sempre nel cuore». Alla luce di quanto deciso dal Tribunale di Sorveglianza di Alessandria si alza la voce del sindaco di Bologna, Matteo Lepore. «Esprimo la vicinanza e quella della città alla famiglia Biagi - scandisce - la notizia della scarcerazione per buona condotta di una persona coinvolta nel piano che uccise il professor Biagi è davvero una decisione che ci sconvolge». Michele De Pascale, che per il centrosinistra correrà alla presidenza dell’Emilia-Romagna, è dello stesso avviso. «Mi unisco alle parole di vicinanza che stanno provenendo da tutta Italia alla famiglia di Marco Biagi. L'omicidio del Professor Biagi rimane una delle pagine più tristi e dolorose della storia recente dell'Emilia-Romagna. Il provvedimento di scarcerazione per buona condotta ferisce non solo la famiglia ma tutta la comunità».

 

 

Il deputato bolognese di Fratelli d'Italia, viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Galeazzo Bignami, è «addolorato e sconfortato». «Capisco che si siano applicate le leggi, comprendo che si debba offrire un percorso riabilitativo, ma questo non fa venire meno lo sconcerto e l’amarezza. Si può fare di più per garantire la certezza della pena? Si, sicuramente. Come in tutte le cose si può fare meglio. Ma non dimentichiamo che questo Governo oggi sta evitando che prendano il sopravvento iniziative che renderebbero ancor più indulgente e lasco il nostro sistema penale». Giuliano Cazzola, ex sindacalista bolognese diventato negli anni uno dei migliori amici di Marco Biagi, si commuove. «Ho conosciuto Marco nel 1974. Ho visto nascere i suoi figli. Ho giocato con loro quando erano piccoli. E avevamo anche un rapporto di stima reciproca e di collaborazione. Avevamo un appuntamento fisso tra le famiglie a ferragosto nella sua casa di campagna a Pianoro. Fu lì che mi disse che gli avevano tolto la tutela». E adesso che siamo quasi a ferragosto, però, sente che è il momento di guardare avanti. «Le considerazioni più giuste le ha fatte Lorenzo. Per l'omicidio di Marco giustizia è stata fatta. Boccaccini ha scontato la pena, usufruendo di sconti previsti dalla legge. Marco era un buon cristiano, credo che dal Campo dei giusti dove riposa in pace non abbia alcun desiderio di vendetta. Ha detto bene Lorenzo: tre annidi carcerazione in più non gli avrebbero restituito il padre».

 

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