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Parigi 2024, la follia woke sul ring. Khelif picchia duro, Carini lascia in lacrime

Christian Campigli
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La sconfitta della logica, del buon senso, dell'equilibrio. La vittoria del politicamente corretto, della follia woke imposta a forza di ganci e montanti. Angela Carini ha scelto di dire no a chi, comodamente seduto in poltrona, stava mettendo a rischio la sua vita. E così, dopo quarantasei secondi, ha deciso di interrompere il match contro la pugile iper-androgina algerina Imane Khelif. Poi, dopo che i giudici hanno validato la sua scelta con il verdetto ufficiale, l'azzurra si è inginocchiata sul ring e ha pianto. «Mi sono fatta davvero malissimo, ho deciso senza pensarci due volte. Ho pensato alla mia famiglia. I miei non meritavamo di vedere certe cose. Io sono salita sul ring per mio padre, la scorsa Olimpiade mio padre era in fin di vita, questa era la mia Olimpiade e volevo percorrere l’ultimo chilometro – ha aggiunto la campionessa italiana –. Se mi sono fermata l’ho fatto solo per la mia famiglia».

 

 

Per comprendere che si è trattato, a tutti gli effetti, di un incontro fuori da ogni logica scientifica è necessario fare un passo indietro. L'atleta algerina non è un transessuale, come erroneamente detto (e scritto) inizialmente. Si tratta di una donna, ma con una serie di disordini molto evidenti, una mappa cromosomica anomala, che le ha donato una muscolatura, una quantità di testosterone e una struttura ossea più vicina a quella di un uomo che di una donna. Una vicenda che, in un amen, si è trasformata in uno scontro politico senza precedenti. «Sono anni che cerco di spiegare che alcune tesi portate all'estremo rischiano di impattare soprattutto sui diritti delle donne - ha sottolineato il Primo Ministro, Giorgia Meloni -. Atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili non devono essere ammessi alle gare femminili». Del medesimo avviso anche il segretario della Lega, Matteo Salvini. «La nostra atleta si è dovuta ritirare. Vergogna a quei burocrati che hanno permesso un match che evidentemente non era ad armi pari. Se ne sono accorti tutti in Italia e nel mondo, tranne i distratti commentatori della Rai». Ha usato i social per esprimere la propria vicinanza alla campionessa azzurra il Presidente del Senato, Ignazio La Russa. «Il pianto inconsolabile di Angela ci colpisce, ma il suo ritiro le fa onore. L’aspetto in Senato per abbracciarla». Elena Donazzan, eurodeputati di Fratelli d'Italia, ha presentato ieri un'interrogazione, che è stata immediatamente sottoscritta dalle colleghe di partito Chiara Gemma, Lara Magoni, Maria Teresa Vivaldini e Antonella Sberna. «Trattandosi di vera e propria discriminazione contro la donna atleta e di un atto che reputo di pura violenza contro la donna nello sport, ho chiesto alla Commissione come valuti questo episodio, quali misure intenda adottare per evitare ulteriori discriminazioni contro le donne nel mondo dello sport, se chiederà una revisione degli attuali protocolli che hanno permesso ad un atleta con cromosomi maschili di partecipare a una gara femminile e, soprattutto, se dimostrerà la giusta solidarietà alla nostra Angela Carini».

 

 

Tutti d'accordo quindi? Ovviamente no. La sinistra è riuscita a stare dalla parte sbagliata (ed era francamente difficile) anche in questa occasione. «Adesso correranno da Angela per renderla simbolo ed eroina nazionale, magari cercheranno di candidarla. Diventerà il simbolo martire di questa ideologia gender inesistente - ha sentenziato Vladimir Luxuria, già deputato di Rifondazione Comunista - è la prima volta che c’è tutto questo trionfalismi per una che perde. Ricordo che è stata una sua scelta ritirarsi». Immancabile anche la presa di posizione di Laura Boldrini, deputato del Partito Democratico e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti nel mondo. «A che titolo e con quali competenze la seconda carica dello Stato, mezzo governo e perfino la Presidente del Consiglio, spalleggiati dai movimenti anti-scelta, pensano di poter decidere chi può e chi non può gareggiare alle Olimpiadi?». La risposta è fin troppo semplice ed è racchiusa in due parole, di semplice comprensione: evidenza scientifica.

 

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