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Rai, altro che "TeleMeloni". Le poltrone di peso restano al Pd

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Marco Zonetti
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La premier Meloni ha risposto punto per punto a Ursula von der Leyen e alla Relazione annuale sullo stato di diritto dell'Ue, critica con il Governo circa la libertà d’informazione e il servizio pubblico radiotelevisivo. Meloni ha smontato l’obiezione principale, quella relativa all’ingerenza dell’esecutivo nella governance Rai, ricordando che l’attuale sistema di nomina di vertici e Cda è stato introdotto nel 2015 dall’allora segretario Pd nonché ex primo ministro Matteo Renzi, con Meloni contraria. Un sistema che, in questi nove anni, ha regolato la Rai del governo Gentiloni, del governo Conte 1 e 2, e soprattutto di quella dell’era Draghi, tant’è che il Cda attuale – a parte la nomina dell'Ad Roberto Sergio dopo le dimissioni di Carlo Fuortes designato dall’ex presidente di Bankitalia- è ancora espressione dell’esecutivo precedente, di cui FdI era l’unico partito all'opposizione. Non è finita. L’area vicina al Pd, artefice della «riforma Renzi», al momento attuale in Rai detiene 9 poltrone, come ricordava l’anno scorso anche Travaglio a Otto e mezzo: la direzione del Tg3 affidata a Mario Orfeo; la direzione Distribuzione presidiata da Stefano Coletta; la direzione di Radio Due in mano a Simona Sala; quella di Rai Cultura appannaggio di Silvia Calandrelli fin dal lontano 2011; l’importantissima direzione di Rai Cinema da anni affidata a Paolo Del Brocco; la carica di capostaff dell’Ad Sergio, assegnata alla moglie di Del Brocco, Paola Marchesini; l’altra importantissima direzione di Rai Fiction affidata a Maria Pia Ammirati; quella di Rai Kids assegnata a Luca Milano; la direzione di Rai Play e Digital a Elena Capparelli.

 

 

Nove poltrone non esattamente di poco conto, che superano paradossalmente le cinque di Fratelli d'Italia (Paolo Corsini, Approfondimenti; Angelo Mellone, Day Time; Nicola Rao, Comunicazione; Gian Marco Chiocci, Tg1; Paolo Petrecca RaiNews24); lesette della Lega (Francesco Pionati, Rai Giornale Radio e Radio Uno; Alessandro Casarin, Tgr; Roberto Pacchetti, condirettore Tgr; Angela Mariella, Relazioni Istituzionali; Marcello Ciannamea, Intrattenimento Prime Time; Francesco Giorgino, Ufficio Studi); e di gran lunga le tre di Forza Italia (Antonio Preziosi, Tg2; Giuseppe Santo, Ad Rai Com; Jacopo Volpi, Rai Sport). La politicizzazione della Rai è un fatto assodato. Nessuno ha mai eccepito sul fatto che la responsabile comunicazione e ufficio stampa nella campagne delle Primarie del Pd conducesse Agorà su Rai3, e poi Oggi è un altro giorno su Rai1. Parliamo di Serena Bortone, come ricordato sempre da Travaglio qualche settimana fa in un suo editoriale. Né vi sono L’anno in cui è stato introdotto dall’allora premier Renzi l’attuale sistema di nomina di vertici e Cda Rai polemiche sul fatto che l’attuale conduttrice di Tg3 – Linea Notte Ilaria Capitani, già vicedirettrice di Rai3, sia stata nominata nel 2006 portavoce del sindaco di Roma Veltroni. E Roberto Natale, per fare un altro esempio, giàportavoce di Laura Boldrini alla Camera, ora direttore Rai per la Sostenibilità. «Spartite le reti, spartite le nomine, lottizzate le assunzioni non solo dei giornalisti e dei dirigenti, ma perfino di uscieri». Lo scriveva Indro Montanelli nel 1993. Ma l’Europa si è svegliata solo trent’anni dopo. Col governo Meloni.

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