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Paolo Crepet controcorrente: Turetta e le frasi del padre? "Cosa doveva dirgli"

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Hanno sollevato grandi polemiche le intercettazioni del primo colloquio in carcere di Filippo Turetta con i genitori dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin. Il padre, Nicola Turetta, ieri ha chiesto scusa: "Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse". Il genitore nel colloquio avvenuto a dicembre provava a dare una prospettiva di futuro al figlio, atteso da una lunga e certa carcerazione, Alcuni per questo lo hanno dipinto come un mostro, molti hanno condannato la pubblicazione di frasi prese da un colloquio privato e senza rilevanza per le indagini. Sul Corriere della sera di lunedì 29 luglio lo psichiatra Paolo Crepet analizza l'aspetto umano e psicologico della vicenda. 

 

"Partirei dalla pietas , la prima parola che ritengo si debba pronunciare nei confronti di chi si trova nella difficile condizione di questi genitori.  Quelle parole del padre al figlio si possono anche comprendere nell’immediatezza dell’arresto, dettate dalla paura del gesto autolesionista.Tuttavia ci sono dei punti su cui bisogna ragionare", afferma Crepet. Il quale condanna la mentalità giustificazionista che oggi è "diffusissima fra i genitori". Insomma, le famiglie tendono "ad annacquare qualsiasi errore dei loro ragazzi".

Ma cosa avrebbe dovuto dire il padre a Filippo Turetta? "Non sono dell’idea che il padre debba dirgli 'stai lì, ti meriti questo e tanti saluti'. Ma nemmeno dev’essere un prete che dà speranza attraverso la lettura delle sacre pagine. Lui è un padre e deve innanzitutto domandarsi come sia potuto crescere un assassino nella sua casa. Dovrebbe dirgli 'se tu sei qui è anche colpa mia', questa sarebbe una frase di enorme dignità e civiltà. 'Abbiamo sbagliato qualcosa anche noi, non solo tu'". Invece l'uomo ha parlato di un "momento di debolezza”: "Due anni di martellanti messaggini e il martirio della povera Giulia possono forse essere un momento di debolezza?", si chiede Crepet. 

 

Lo psichiatra sottolinea la dimensione comunitaria di femminicidi come quello di Giulia Cecchettin, che non può essere limitato a una dinamica relazionale tra due ragazzi. Sull'opportunità di pubblicare o meno le frasi del colloquio di Montorio, Crepet afferma che è sbagliato parlare di voyeurismo perché come "per Cogne e Novi Ligure e prima ancora Pietro Maso" questi aspetti "servono a capire, a contestualizzare". 

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