frasi dal carcere
Turetta, intercettato il padre. Mentana: "Perde i diritti per aver allevato un mostro?"
Filippo Turetta continua a far discutere. La conversazione intercettata nella sala colloqui del carcere Montorio di Verona tra l’omicida reo confesso di Giulia Cecchettin e suo padre ha scatenato un’ondata di indignazione e polemiche. In primo luogo per il contenuto dell’incontro. Alcune frasi dette dal padre del ragazzo sono sembrate l’ennesima grave offesa alla memoria della giovane studentessa di 22 anni uccisa a Vigonovo l’11 novembre dello scorso anno. Unanime è stata la condanna da parte di media e commentatori alle parole di Nicola Turetta. Ma l’uscita delle intercettazioni, il loro arrivo sui giornali e la loro diffusione all’opinione pubblica ha scatenato un dibattito nel dibattito. Tra chi è intervenuto sul caso c’è Enrico Mentana, il direttore del Tg La 7, che su Instagram ha offerto il suo punto di vista sulla vicenda.
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“In tanti discutono sulle parole rivolte dal padre dell’assassino di Giulia Cecchettin al figlio durante un colloquio in carcere – esordisce – Non mi unisco né al coro di indignazione né a quello di comprensione”. Dopo questa breve premessa, il Mentana-pensiero: “Vorrei però capire come le frasi di un genitore in visita al figlio detenuto in attesa di giudizio nel parlatoio di un carcere vengano registrate e poi fatte uscire – spiega – pur essendo prive di qualsiasi contenuto utile alle indagini e per di più pronunciate da un cittadino non indagato”. Infine una domanda che, come è naturale che sia, ha dato il via a un botta e risposta tra Mentana e gli utenti: “O vogliamo aggiungere ai codici la norma per cui il padre dell’autore di un delitto efferato perde da subito a sua volta ogni diritto, come punizione per aver allevato un “mostro”?”.
Sotto al post del direttore La 7, si è aperto il dibattito a cui Mentana – chiamato in causa – ha preso parte. Un utente scrive: “Enrico, rispetto il suo autorevole discorso ma non mi trova d'accordo. Ai fini processuali queste dichiarazioni sono utili quantomeno per tracciare un profilo psicologico familiare. Ma soprattutto servono a far comprendere quali possono essere le conseguenze di una educazione accondiscendente e giustificativa che può allontanare i figli dalle proprie responsabilità e dall'empatia”. Dura la risposta del giornalista: “Mi scusi ma non regge proprio: non esiste nulla di tutto questo nei codici, e in ogni caso nessuna parola pronunciata dopo il delitto può essere usata per ridisegnare il quadro precedente. Che un padre abbia toni consolatori verso un figlio che ha come prospettiva l'ergastolo, e per questo tenta di dargli obiettivi per andare avanti, come la laurea, nulla può indicarci sull'origine del femminicidio”.
Al commento dell’utente succitato ha risposto anche la giornalista Sky, Mariangela Pira: “Non sono d'accordo ma rispetto il suo parere. Le faccio un esempio. Se mio figlio fosse un assassino e io andassi a trovarlo in carcere non so cosa direi non essendomi mai trovata nella situazione. Di certo mi preoccuperei però, non è che smette di essere mio figlio. Forse il mio primo pensiero sarebbe lo stato psicologico, impedirgli per esempio di fare gesti estremi. E per questo io mi arrogherei diritto di potergli dire ciò che credo. SENZA ESSERE MANDATA IN PASTO AI MEDIA. E lo dice una giornalista che ha iniziato da un bel po' a stancarsi”.