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Yara, la super pm del Dna nel mirino del Csm. Il motivo "curioso e inspiegabile"

Rita Cavallaro
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Non solo lo scontro tra innocentisti e colpevolisti, ma anche il Csm entra a gamba tesa sul caso Yara Gambirasio. Se la serie Netflix sul delitto della 13enne, per il quale è stato condannato all’ergastolo Massimo Bossetti, ha gettato ombre sulle indagini e le sentenze, ora nel mirino del Consiglio superiore della magistratura è finita la pm di Bergamo Letizia Ruggeri, indagata per presunto depistaggio a seguito della decisione di spostare 54 campioni biologici, con tracce miste di vittima e assassino, dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del Tribunale di Bergamo. Un trasferimento autorizzato dopo le condanne e durato 12 giorni, durante i quali, secondo i difensori di Bossetti, l’interruzione della catena del freddo nelle provette conservate a 80 gradi sotto zero avrebbe deteriorato il Dna.

Senza contare che quell’ufficio è sprovvisto di congelatori. Dunque la decisione del magistrato avrebbe reso vano qualsiasi tentativo di nuove analisi in vista del percorso di revisione cui aspira la difesa del muratore di MapelTest biologici Il trasferimento di tale materiale è costato alla pm Letizia Ruggeri un processo penale lo, il quale si proclama da sempre innocente. Per la vicenda la Ruggeri, due anni fa, era stata iscritta nel registro degli indagati per frode processuale e depistaggio, ma a seguito degli accertamenti la Procura di Venezia ha chiesto l’archiviazione. E ieri, in vista dell’udienza di opposizione all’archiviazione davanti al gip di Venezia, il consigliere laico del Csm, Enrico Aimi, ha biasimato l’operato della pm: «Tra i tanti punti interrogativi sollevati anche dalla recente serie Netflix, ora se ne aggiunge un altro: al Csm non è mai stata comunicata l’apertura di tale procedimento a carico del magistrato, cosa che, invece, per dettato normativo, dovrebbe contestualmente avvenire. Un fatto tanto curioso quanto inspiegabile che finisce per alimentare altre perplessità». Il consigliere laico ha precisato che «da accertamenti effettuati in Prima Commissione, non c’è traccia di alcuna comunicazione relativa al predetto procedimento penale. Ritengo pertanto doveroso che l’Organo di governo autonomo della Magistratura ne sia portato a conoscenza in modo da consentire, nell’eventualità, l’acquisizione degli atti processuali ostensibili per poter svolgere ogni più opportuna valutazione».

 

Vista la delicatezza della vicenda e il clamore suscitato, Aimi ha fatto sapere di aver già «provveduto a formalizzare al Comitato di Presidenza una richiesta urgente di apertura di una pratica finalizzata a chiedere conferma alla Procura di Venezia di ciò che tutti, meno il Csm, sanno: l’esistenza di un procedimento penale a carico della dottoressa Letizia Ruggeri». Insomma, anche il Csm vuole vederci chiaro e valutare se la pm di Bergamo, che ha lottato per trovare l’assassino di Yara, abbia agito correttamente e nel rispetto delle garanzie del condannato. Soprattutto alla luce della serie Netflix «Il Caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio», che ha gettato ombre perfino sulla prova regina di tutto il procedimento, ovvero il Dna che ha inchiodato Bossetti dopo tre annidi un’indagine che non ha precedenti nel mondo dell’investigazione genetica. Il profilo «Ignoto 1» trovato sugli slip della vittima è stato comparato con circa 25mila Dna degli abitanti della zona, portando alla scoperta di una parentela dell’assassino. E all’individuazione di Bossetti.

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