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Viganò l'AntiPapa alza il tiro: "Bergoglio tiranno senza controllo"

Maria Costantini
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Pochi giorni fa la sentenza, durissima, della scomunica dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, accusato di scisma dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ieri una nuova presa di posizione dalla parte dell’ex Nunzio negli Stati Uniti, che non smette di attaccare Papa Francesco e il suo ministero in seno alla Chiesa cattolica. Escluso dalla comunione dei fedeli, Viganò continua a cercare sostegno tra i dissidenti mediante una serie di post pubblicati sui suoi canali social, ma il suo tentativo di creare una chiesa parallela e indipendente, attirando nuove schiere di fedeli, potrebbe fallire. L’arcivescovo, infatti, sarà presto ridotto allo stato laicale, un processo attraverso il quale un sacerdote perde il suo status clericale e i relativi poteri sacramentali. La Dimissione dallo stato clericale (amissio status clericalis) – come viene definita nel nuovo Codice di Diritto Canonico – è una sanzione disciplinare che può essere comminata dalla Chiesa cattolica ai membri del clero. Il presbitero dimesso perde automaticamente i diritti propri dello stato clericale e non è più tenuto ai relativi obblighi. Inoltre, perde la dignità e i compiti ecclesiastici, rimanendo escluso dall’esercizio del sacro ministero e non potendo assumere ruoli direttivi in ambito pastorale.

 

 

 

Infine, non può insegnare nei Seminari e negli altri Istituti dove si impartiscono discipline teologiche. Nonostante la pena della riduzione allo stato laicale, non si può tuttavia par lare di ex -sacerdote odi ex -prete. Infatti, il canone 290 del Codice di diritto canonico (CIC) stabilisce che, dopo essere stato validamente ricevuto, l’ordine sacro non può mai essere reso invalido. Nel caso di Viganò, la dimissione dallo stato clericale significherebbe la perdita del titolo di arcivescovo, oltre che del diritto di celebrare la Messa, ascoltare confessioni e amministrare altri sacramenti. Ma anche suo progetto di creare un seminario per preti tradizionalisti all’eremo di Palan zana a Viterbo sembra destinato al fallimento, benché Viganò non sembri avere intenzione di abbandonare il suo ruolo di leader scomunicato. Nella giornata di ieri, attraverso il suo profilo X, è tornato a scagliarsi contro il papa e la «setta bergogliana» che, stando alle parole dell’arcivescovo, «procede a tappe forzate verso la definitiva decostruzione del Sacerdozio Cattolico, rendendolo superfluo nella pratica anche senza negarlo nella teoria, e affiancandogli ministeri non ordinati conferibili anche alle donne e permettendo ai laici di predicare».

 

 

Parole dure quelle di Viganò che preannuncia una «protestantizzazione della Chiesaportataalle sue estreme conseguenze». Secondo l’ex Nunzio, «Bergoglio vuole mettere a tacere ogni voce di dissenso, spingendo i veri Cattolici ad abbandonare la Chiesa di cui egli usurpa l’autorità e il nome. Promuove l’eresia e lo scisma con provocazioni sempre più inaudite perché non tollera confronti dai quali uscirebbe irrimediabilmente sconfitto. È un tiranno fuori controllo, circondato di complici e di pavidi». Ma, mentre Viganò si profonde in invettive contro il Pontefice, egli vede il suo ruolo sempre più ridimensionato. La sua scomunica e la prossima riduzione allo stato laicale segnano una fase critica, non solo per lui, ma anche per la comunità che lo segue. Nonostante i tentativi di mantenere il sostegno tra i dissidenti e di promuovere una chiesa parallela, le restrizioni imposte dalla Chiesa cattolica rendono sempre più arduo il suo cammino.

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