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Braccianti, arriva un'altra storia di violenze e abusi. Scatta l'arresto per due uomini

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Luca De Lellis
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Il caso di Satnam Singh, il bracciante indiano morto lo scorso 19 giugno in seguito a un incidente di lavoro nella zona dell’Agro Pontino, che ha portato all’arresto del datore di lavoro per omesso soccorso – quindi con l’ipotesi di omicidio doloso – non ha fatto altro che scoperchiare un vaso di pandora noto a molti, ma che agiva sottotraccia. Sì, perché un ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti ha appena fatto emergere un’altra storia di violenze e abusi sui braccianti nel territorio delle Langhe. Due uomini, uno marocchino e l’altro macedone, sono finiti ai domiciliari con l’accusa di reati come l’intermediazione illecita, lo sfruttamento del lavoro e altre violazioni alla normativa relativa al soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale. Lo riporta il Fatto Quotidiano, che racconta peraltro dell’esistenza di una terza persona – di origini albanesi - coinvolta nelle indagini, alla quale è stato imposto il divieto temporaneo di esercitare attività professionali. Ma andiamo con ordine. 

 

 

I braccianti agricoli, molti dei quali di origine africana, erano impegnati a lavorare nelle vigne nel territorio delle Langhe e, secondo l’accusa, avrebbero subito degli abusi dai tre indagati. Le investigazioni della squadra mobile di Cuneo hanno preso il via lo scorso anno, quando, dopo alcune segnalazioni inviate da associazioni che si occupano della tutela dei diritti umani e dei lavoratori, sono emerse le prove di sfruttamenti ripetuti nei confronti dei braccianti che si occupavano della coltivazione delle campagne piemontesi. Non solo sfruttamenti, purtroppo. Ma anche violente aggressioni fisiche rivolte a chiunque si lamentasse delle insostenibili condizioni di lavoro. Quello messo su dai tre indagati sarebbe, in sostanza, un vero e proprio sistema di calpestamento dei diritti umani: le forze dell’ordine hanno infatti rinvenuto in un fabbricato di proprietà del macedone ben 19 migranti che vivevano accalcati in pessime condizioni di igiene, per giunta costretti a versare un affitto che veniva scalato direttamente dalla loro paga. 

 

 

Non è neanche un caso isolato nel territorio delle Langhe, visto che anche nel marzo scorso, come riporta il quotidiano, erano state indagate 9 persone in seguito “un quadro diffuso di sfruttamento lavorativo”. E anche la morte del bracciante indiano nelle campagne laziali non è stata un unicum. Lo scorso 26 maggio, quindi ancor prima di Satnam Singh, un altro indiano di 38 anni dallo stesso cognome - Rajwinder Sidhu Singh – ha perso la vita durante il suo lavoro nei terreni della provincia di Taranto. Anche qui, il suo datore di lavoro, Giovanni Giannico, è indagato per omicidio colposo e caporalato. Lui al pronto soccorso ci è arrivato, ma quando già era troppo tardi. E il prosieguo dell’inchiesta ci svelerà il perché del fatale ritardo.

 

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