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Vaticano, chi trama contro Papa Francesco e cosa c'è dietro la scomunica di Viganò

Angela Bruni
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La scomunica dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò per scisma, sancita dal Dicastero per la Dottrina della fede, rappresenta la punta dell’iceberg di una lotta intestina che si consuma ormai dal lontano 2013, anno in cui Papa Bergoglio veniva eletto al soglio di Pietro. Una guerra mai dichiarata a Francesco iniziata con le prime prese di posizioni, definite «progressiste» del Pontefice. In buona sostanza la volontà di Francesco di riformare la Curia romana, invece di essere accolta con speranza e buoni auspici, è divenuto motivo di lotta interna a causa dei tanti «interessi» e centri di poteri, messi in discussione in questi anni. Una guerra che qualcuno ha pure provato a vestire con una giacca di legittimità, richiamando i motivi che hanno condotto Bergoglio a succedere a Pietro. E così fini canonisti hanno vivisezionato il messaggio con il quale Benedetto XVI annunciò le sue dimissioni. Da allora le speculazioni sulla volontà di Ratzinger di rinunciare al ministero ma non al papato, si sono sovrapposte alle critiche nei confronti di Papa Francesco.

 

 

 

Non è questa la sede per disquisire su «virgole e punti», ancorché interessanti ma alla portata di studiosi e di accademici. Tema che va consegnato alla storia per eventuali approfondimenti, ma che appare al momento solo funzionale alla guerra strisciante nei confronti del Pontefice. Ciò che invece appare più chiaro a distanza di 11 anni da quello storico evento, è il percorso di Papa Francesco, ampiamente prevedibile già dal nome scelto. Sobrietà tra le mura vaticane e niente sfarzi: il ritorno al ministero e alla missione a favore del prossimo, hanno rappresentato i fari dell’azione del pontificato bergogliano. Una scelta che ha diviso la curia in un mix di porporati attenti al potere e altri nostalgici dell’ortodossia e della dottrina ratzingeriana. Tra i primi ad opporsi a Bergoglio il cardinale statunitense Raymond Leo Burke, critico dal 2014 all’indomani del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, da cui emerse un’apertura di Bergoglio nei confronti di divorziati risposati e gay. Posizione che, a distanza di 10 anni, non si è certo tramutata in un «via libera» alle nozze per tutti. Piuttosto abbiamo assistito in questi anni ad un Papa sempre più attento ai bisogni e alle sofferenze di queste persone, in linea con l’insegnamento cristiano della misericordia.

 

 

 

Una posizione quella di Burke ribadita dopo l’esortazione apostolica Amoris Letitia, messa in discussione con il Dubia sottoscritta con altri tre cardinali: Walter Brandmüller, Carlo Caffarra, Joachim Meisner. Quindi è stata la volta del cardinale Gerhard Ludwig Müller, oppositore «con il fioretto», sempre attento a non urtare troppo Bergoglio e allo stesso tempo attento a rivendicare la possibilità di sollevare dubbi e perplessità. Una posizione legittima quella del cardinale se non giunta fondamentalmente a chiusura del sua permanenza a capo della Congregazione per la dottrina della fede, quella Congregazione accusata, nemmeno tanto velatamente, di poca collaborazione da Marie Collins, membro della commissione che Papa Francesco volle nel 2014 per far luce sugli abusi sessuali all’interno della Chiesa. Insomma un’allergia alla volontà di Bergoglio di rinnovare, di avvicinarsi al mondo reale, di riportare i bisogni dei fedeli al centro dell’azione evangelica. Così come appare chiaro, anche alla luce delle risultanze degli ultimi mesi, che la volontà del Papa di riformare la Curia, attraverso una riorganizzazione dell’amministrazione dei beni e dei soldi, abbia determinato irritazioni e prodotto nemici. Uno appare palese: il cardinale Angelo Becciu, condannato meno di un anno fa, per la gestione ritenuta non corretta delle finanze vaticane. Per lo stesso motivo Papa Francesco lo aveva già sfiduciato: un affronto mai digerito da Becciu, disposto a tutto, pure a registrare una telefonata del Papa pur di provare a salvarsi la pelle. Oggi la scomunica di Carlo Maria Viganò accusato di scisma, per le sue posizioni rese pubbliche a più riprese negli ultimi anni, che disconoscevano la legittimità del Papa e del Concilio Vaticano II.

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