caso travaglio e lucarelli

Chico Forti si difende dal carcere: "Mai parlato di 'ndrangheta"

Rita Cavallaro

«Sono sconcertato. Io non ho mai detto né pensato una cosa del genere. Sarei un pazzo, proprio ora che ho la possibilità di sperare nella libertà». È l’incredula reazione di Chico Forti all’apertura di un fascicolo della Procura di Verona sulle rivelazioni di un detenuto, che tira in ballo l’italiano, condannato per omicidio negli Stati Uniti, in una sordida storia al vaglio degli inquirenti. Chico, rientrato in Italia a maggio scorso dopo 24 anni di prigione in Florida, si trova nel carcere di Montorio per scontare la sua pena. È lì che avrebbe fatto la proposta indecente a un uomo vicino a un clan della 'ndrangheta. Secondo il racconto del suo interlocutore, l’ex produttore tv, infastidito dalle pesanti critiche del Fatto Quotidiano che all’indomani del suo rientro aveva titolato «Benvenuto assassino», avrebbe chiesto al compagno di galera di contattare qualche 'ndranghetista per zittire il direttore Marco Travaglio, Selvaggia Lucarelli e una terza persone di cui, però, il detenuto non ricorda il nome. In cambio avrebbe promesso futuri favori, quando sarebbe stato liberato e addirittura candidato con il centrodestra.

 

 

 

Un racconto che sembra il copione di un film e che un elemento di fantasia lo ha sicuramente: nessun partito della maggioranza di governo, né tantomeno il premier Giorgia Meloni che l’ha accolto in Italia al rientro, hanno mai considerato l’ipotesi di offrire un ruolo politico all’ex velista. Il resto della storia è oggetto di approfondimenti della magistratura, che al momento ha aperto il fascicolo senza indagati né ipotesi di reato. «Confermo l’indagine, abbiamo già avvertito le istituzioni e sentito tutti i possibili protagonisti. Per noi naturalmente non è una fesseria ma non aggiungo altro», ha detto al Corriere della Sera il capo della Procura di Verona, Raffaele Tito. Gli accertamenti sono partiti lo scorso lunedì, quando l’uomo in custodia cautelare destinatario della presunta richiesta di Chico avrebbe confessato la circostanza al Garante dei detenuti, pregandolo di avvisare della faccenda il direttore del Fatto, il quale, a sua volta, ha informato la Procura. I magistrati di Verona hanno quindi ascoltato il detenuto, il garante e un altro prigioniero che avrebbe assistito all’incontro in cui Forti avrebbe avanzato la richiesta dei contatti con qualcuno della ’ndrangheta per mettere a tacere i giornalisti.

 

 

 

«Ora la vicenda andrà approfondita, ma Chico Forti è caduto dalle nuvole nell’apprendere quanto riportato dalla stampa. È stupito, affranto e smarrito», ha detto il suo legale, Andrea Radice, che ieri ha avuto un colloquio in carcere con il suo assistito. Le indagini del Nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Verona procedono nel massimo riserbo, per accertare la veridicità dei fatti e la fattispecie di reato, che potrebbe configurarsi come istigazione a delinquere. Intanto i militari hanno inviato una relazione di servizio al Tribunale di Sorveglianza, al Dap, alla Prefettura e perfino alla Dda di Torino, competente sull’inchiesta per ’ndrangheta del detenuto vicino ai clan calabresi. Sul versante politico, invece, la sinistra cavalca l’indagine per attaccare il governo Meloni, l’unico che, dopo decenni di tentativi, è riuscito a ottenere il trasferimento in Italia di Chico, condannato all’ergastolo in Usa per l’omicidio di Dale Pike, avvenuto il 15 febbraio 1998 a Miami e il cui movente è legato alla compravendita di un famoso hotel di Ibiza. E mentre il presidente Giuseppe Conte e i 5 Stelle chiedono al governo di prendere una posizione forte sulla questione e fare immediata chiarezza, il Pd ha presentato in Senato un’interrogazione parlamentare, sollecitando il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a rispondere urgentemente su quei presunti rapporti tra Forti e la ’ndrangheta.