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Udine in rivolta dopo la morte di Tominaga. Il questore: "Arrivano i rinforzi"

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Christian Campigli
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«Il ripetersi nell’arco di breve tempo di episodi che hanno destato grande allarme sociale ci chiamano ad un ulteriore innalzamento del livello di prevenzione, attraverso mirate attività, definite nel corso di specifico Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica». Alfredo D'Agostino è il questore di Udine, città nella quale ha trovato la morte Shimpei Tominaga, un imprenditore giapponese preso a pugni da un adolescente per aver cercato di sedare una rissa. Udine, in questi giorni, è balzato agli "onori" della cronaca perla morte di un imprenditore giapponese "reo"di aver cercato di sedare una rissa.

Pur nel riserbo delle indagini in corso, che idea si è fatto?
«Quanto accaduto, la morte di un cittadino che dimostrando profondo senso civico ha cercato di soccorrere un giovane, ci ha colpito profondamente, come uomini e come professionisti. Vi è un’attività investigativa in corso finalizzata a definire, in particolare, se vi sia stato uno specifico motivo a giustificare la presenza sul territorio dei tre ragazzi provenienti dal Veneto, coinvolti nella vicenda».

Si tratta, secondo la sua esperienza, di un episodio gravissimo, ma isolato, o vi è un problema di sicurezza a Udine? Le forze dell'ordine sono presenti in un numero sufficiente o servirebbero più agenti in strada?
«Udine, al pari di tanti altri capoluoghi di provincia della penisola, conosce un cambiamento sociale e vede affacciarsi fenomeni sino ad oggi sconosciuti. Il nostro impegno va nella direzione di arginare possibili derive, evitando che situazioni episodiche e contingenti divengano strutturali. Il sistema coordinato di controllo del territorio garantisce una presenza di pattuglie, nell’arco delle 24 ore, adeguato alle dimensioni e, peraltro, integrato dalla presenza di reparti speciali, presenti nella provincia per le attività di contrasto all’immigrazione clandestina. Aggiungo che c’è un’attenzione costante del Dipartimento della Pubblica Sicurezza che risponde alle istanze del territorio quando si tratta di ripianare e rinforzare gli organici. Infatti, solo qualche giorno fa abbiamo accolto cinque nuovi agenti. E, verso la fine dell’anno, ci dovrebbe essere un ulteriore rafforzamento».

Si è parlato di controllo del territorio, spaccio e vicende legate all'immigrazione clandestina e a zone della città particolarmente difficile. C'è del vero in queste ricostruzioni?
«Sono state concluse in passato e sono attualmente in atto, mirate attività investigative finalizzate a riscontrare dette ricostruzioni, in particolare con riferimento alla presunta spartizione del territorio per il controllo dello spaccio di stupefacenti. Al momento non abbiamo riscontri in tal senso, pur evidenziando che vi sono ristrette aree cittadine in cui, in ragione della importante richiesta, su cui pure qualche domanda sarebbe opportuno farsi, si registrano attività di piccolo spaccio, sulle quali stiamo lavorando, tanto in termini di prevenzione quanto in termini di repressione».

Il presunto colpevole ha appena 20 anni. Perché un giovane arriva ad uccidere un uomo senza un reale motivo?
«È una domanda che ci chiama ad una riflessione profonda sul decadimento dei valori e dalla inusuale aggressività che sempre più spesso riscontriamo, specie tra i giovani, Ne sono prova i troppo numerosi episodi che le cronache nazionali rimbalzano quotidianamente. Posso dire che il pensare di arginare tali devianze con il solo intervento delle forze di polizia non potrà essere la soluzione del problema, ma costituirà solo una delega di responsabilità».

Il giovane, secondo le cronache locali, non avrebbe capito la gravità del suo gesto. «Non volevo fargli male», avrebbe detto. Un maldestro tentativo di autodifesa o, davvero l'inconsapevolezza che la violenza può portare alla morte delle persone?
«Mi rifaccio e ribadisco quanto appena detto sulla “crisi” valoriale in atto, il problema sociale è serio e l’approccio alla sua soluzione non può che essere multifattoriale, passando per tutte le istituzioni “classiche” della nostra società. Le Forze di Polizia sono sicuramente una di queste, ma se arriviamo ad intervenire noi vuol dire che qualcosa non ha funzionato prima».

Il divieto di vendita degli alcolici dopo le 21 può essere una soluzione? O è solo un palliativo per non affrontare il nodo della questione relativa alla sicurezza?
«Tutti i contributi al “sistema sicurezza” come declinati dalle norme che hanno codificato prima e disciplinato poi la “sicurezza urbana” e la “sicurezza partecipata” sono utili alla causa anche se non esiste la “regola d’oro” o la “bacchetta magica” in questo campo. Vale quanto già detto sulla complessità e sulla interdisciplinarietà del problema che va affrontato con assoluta fermezza ma anche con grande equilibrio e una discreta dose di buon senso. Per parte nostra mi preme sottolineare il fatto che il tragico episodio di Udine, come altri reati del recente passato commessi a Udine che hanno destato particolare allarme sociale hanno sempre trovato una pronta risposta nell’individuazione dei responsabili da parte di polizia o carabinieri e questo è molto importante. È evidente che a noi viene chiesto di prevenire i reati. Allo stesso tempo, però, non è possibile pensare che gli agenti possano essere in ogni momento in ogni luogo. Lo sforzo che ci imponiamo è quello di ottimizzare le attività di prevenzione e controllo del territorio avvalendoci anche della tecnologia, sia attraverso il complesso sistema di videosorveglianza presente in città, sia attraverso un attento studio sulla georeferenzazione dei reati».

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