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Pescara, il macabro selfie in spiaggia dopo aver ucciso Thomas

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Angela Bruni
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Procede veloce l’inchiesta sulla morte di Thomas Christopher Luciani, ucciso lo scorso per un debito di droga lo scorso 23 giugno con 25 coltellate nel parco Baden Powell di Pescara. Nella giornata di ieri il giudice Roberto Ferrari ha convalidato il fermo dei due sedicenni indagati su cui pende l’accusa di omicidio. Secondo chi indaga «in concorso tra loro, infliggevano – si legge ne provvedimento delle toghe David Mancini e Angela D’Egidio – un totale di 25 colpi per mezzo di coltello a Thomas Christopher Luciani, attinto in zone vitali del corpo, cagionandone la morte, arrecando sevizie ed operando con crudeltà agendo su Luciani mediante calci e sputi mentre era riverso sul terreno esanime».

 

Durante l’interrogatorio di garanzia gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il magistrato ha inoltre disposto la custodia in Ipm (istituti penali per i minorenni) per entrambi. A proposito di tale circostanza l’avvocato di uno dei due indagati, Marco Di Giulio ha dichiarato: «Non sappiamo in quale istituto verrà portato perché si attende di conoscere la disponibilità dei vari istituti. È una misura ovvia, anche in ragione di tutta quella che è la vicenda». Per quanto riguarda, invece, l’accertamento della dinamica del delitto il procuratore capo del tribunale minorile David Mancini ha conferito l’incarico ad eseguire l’autopsia sul corpo del ragazzo al medico legale Cristian D’Ovidio. L’esame autoptico verrà eseguito entro sessanta giorni.

Sempre sul fronte delle indagini sono risultate fondamentali fin dalle fasi iniziali le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza di un condominio adiacente al parco Baden Powell. Peraltro non sono le uniche dato che gli investigatori ne hanno trovate sul cellulare di uno degli indagati. Proprio all’interno di questi dispositivo chi indaga ha trovato un selfie su una sdraio dello stabilimento Croce del Sud: poco prima comprarono 10 euro di «erba».

 

L’omicidio è già andato in scena e il giovane, dopo essersi cambiato e aver gettato l’arma del delitto, si fa un bagno. Poi gli investigatori annotano che sta «in posa seduto su un lettino dello stabilimento balenare». Sono le 18.21 quando viene scattato il selfie. Il problema che poco prima lo attanagliava, ossia il debito per droga di Giuliani da 240 euro passa in secondo piano. In questi frangenti nasce all’interno del gruppo dei sei giovani il patto del silenzio, rotto nelle ore successive al delitto da un testimone chiave. «Mentre camminavamo - ha raccontato uno degli indagati - ha detto che questo doveva restare tra noi cinque». Tra le carte in mano alla procura minorile un adolescente spiega: «Abbiamo incontrato Christopher che doveva dare soldi a... , che diceva che era diventata una questione di rispetto». E ancora: «Siamo andati nei pressi dei silos a parlare, Christopher ha chiesto perché si portava dietro i suoi scagnozzi. Poi ci siamo diretti verso il parchetto di via Raffaello Sanzio e ho notato che... aveva una pistola di piccole dimensioni».

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