Filippo Turetta, il giallo sul telefonino e il coltello: sulla confessione qualcosa non torna
Il telefonino di Giulia Cecchettin non si trova. Gli inquirenti, dopo le parole di Filippo Turetta nell’interrogatorio, hanno cercato ovunque il dispositivo elettronico, che, è stato raccontato nella confessione, sarebbe stato gettato insieme ad un coltello e ad un tablet in zona Fossò, in provincia di Venezia. Ma non sono riusciti a ritrovarlo. Il Corriere della Sera riferisce poi delle discrepanze emerse nelle parole di Turetta, in particolare sulla fase finale della fuga e le intenzioni nel momento del femminicidio. Ma c’è di più.
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“Gli approfondimenti successivi sull’auto del giovane e gli esami al computer hanno permesso di ricostruire i fatti da cui sono emerse discrasie rispetto a quanto riferito nelle nove ore di interrogatorio. Turetta ha confessato, fornito una sua ‘verità’ ma che non corrisponderebbe (non del tutto almeno) a quanto poi l’inchiesta ha rivelato”, la rivelazione del quotidiano. Ed è proprio per tali circostanze che è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà ed efferatezza, sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. Un mix di reati che lo porterebbero, in caso di condanna, all’ergastolo. Aggiornamento anche su uno dei maggiori nodi del processo: “Quasi sicuramente sarà chiesta la perizia psichiatrica per il ventiduenne, anche alla luce del fatto che in passato aveva avuto degli incontri con alcuni psicologi”.
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