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Turismo, basta con gli affitti troppo cari. Barcellona dice stop alle case vacanza

Damiana Verucci
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Dopo Venezia che inserisce il ticket di ingresso per limitare i turisti, Firenze che scoppia letteralmente di turismo e Roma dove il dibattito è acceso e all’ordine del giorno è però Barcellona a lanciare un sasso che fa, decisamente, più rumore. Il sindaco Jaume Collboni ha infatti appena annunciato che da novembre del 2028 sarà letteralmente vietato affittare appartamenti ai turisti. Il primo cittadino spagnolo abolirà le licenze attualmente in vigore per oltre 10 mila appartamenti destinati ad essere affittati a breve termine e ha spiegato la sua decisione, che farà sicuramente discutere, con l’esigenza di porre un argine al dilagare del fenomeno ma, soprattutto, per provare a ridurre in questo modo il costo degli affitti per i residenti, che hanno invece subito una forte impennata. Dunque, nel giro di quattro anni, gli appartamenti turistici scompariranno dalla città di Barcellona e la loro destinazione diventerà residenziale, saranno cioè messi a disposizione di chi vorrà affittarli o venderli sul mercato.

 

 

Una decisione forte che però sembra essere irrevocabile. Il boom degli affitti a breve termine, infatti, è stata la conseguenza di un turismo esploso dopo la pandemia e che non sembra voler conoscere battute di arresto. La conseguenza di questo exploit è stata però l’impennata dei costi degli affitti residenziali che sono aumentati del 68% in Spagna negli ultimi 10 anni. Ad aumentare anche gli acquisti di un appartamento, di circa il 38%. Secondo Collboni «l’accesso all’alloggio è diventato un fattore di disuguaglianza, in particolare per i giovani». D’accordo con questa decisione la ministra socialista spagnola per l’Edilizia abitativa, Isabel Rodigruez, che ha dichiarato come sia importante «compiere tutti gli sforzi necessari per garantire l’accesso ad alloggi a prezzi accessibili». Ma se la politica ispanica approva, fortemente contraria è l’associazione di appartamenti turisti di Barcellona Apartur, che ha parlato di grosso errore del sindaco perché questa decisione porterà a maggiore povertà e disoccupazione e ha aggiunto che «il divieto innescherebbe un aumento degli appartamenti turistici illegali».

 

 

Fatto sta, il sasso è stato lanciato e c’è da pensare che qualche primo cittadino di una città d’arte italiana, rifletterà se copiare o no questo esempio. Città come Venezia, Firenze, Roma stanno vivendo, probabilmente, il momento storico di massimo afflusso turistico e se questo è un bene perché senza dubbio turismo vuol dire ricchezza, indotto, e tutto ciò che ne consegue, è anche vero che si rischiano di acuire problematiche già esistenti per chi vive nelle città d’arte, tra tutte il decoro e la mobilità. Venezia è stata costretta a introdurre il ticket di ingresso per i non residenti, a Firenze il dibattito è aperto e c’è chi pochi mesi fa ha proposto un compromesso, per esempio il fermo delle prenotazioni scolastiche per non andare ad aggravare il flusso già esistente. Nella Capitale, al momento, non si parla di limitazioni del «mordi e fuggi», ma iniziano a manifestarsi lamentele e proteste dei comitati dei residenti che in particolare in alcuni quartieri, come Prati e Monti, sostengono di non sopportare più le conseguenze di un’eccessiva presenza dei turisti e di avere paura di quello che potrà accadere durante il Giubileo. L’abusivismo, poi, rischia di dilagare là dove è un fenomeno decisamente presente. A Roma si contano migliaia di appartamenti irregolari il cui numero rischia di farsi veramente importante senza i necessari controlli. Da più parti arriva il richiamo alle Istituzioni di porre degli argini e delle limitazioni perché il turismo non diventi un’arma a doppio taglio. Barcellona è stata la prima a metterci la faccia, chi la seguirà?

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