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Omicidio Primavalle, la denuncia dei genitori di Michelle: “Umiliati, l'assassino usa i social in carcere”

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«L’assassino di nostra figlia cosa fa in carcere? Un corso di informatica, proprio lui che ha alle spalle una accusa per aver tentato di estorcere soldi alle ragazze, minacciandole con foto ritoccate ad arte. Non solo. Dalla stessa struttura minorile di Treviso, che nulla ha a che fare con l’istituto penitenziario dove era stato recluso in un primo momento a Roma, a quanto ci risulta starebbe creando profili Instagram sempre nuovi con i quali visualizzare di volta in volta quelli delle amiche di Michelle». A denunciarlo all’Adnkronos Gianluca e Daniela Causo, genitori di Michelle, uccisa un anno fa a Primavalle e gettata in un carrello della spesa accanto ai secchioni dell’immondizia.

 

 

«Avevo già fatto presente la cosa - spiega il padre della ragazza - ma le mie segnalazioni anche al carcere di Treviso sono cadute nel vuoto. Poi una decina di giorni fa ci ha chiamati una amica di nostra figlia, dicendo che tra le visualizzazioni del suo profilo Instagram ne compariva una secondo lei riconducibile all’assassino di Michelle, ovviamente sotto falso nome ma con la sua foto chiaramente riconoscibile. Nel tempo - denunciano i genitori - a quanto ci hanno riferito ha contattato altri amici, o almeno, quelli che lui credeva suoi amici ma che dopo i fatti naturalmente gli hanno voltato le spalle. Ha scritto a decine di persone. Ma è una cosa che si può fare?».

 

 

Nell’istituto penale per i minorenni di Treviso, il ragazzo oggi 18enne è recluso insieme ad altri 13 detenuti, due in più rispetto alla capienza regolamentare. Fonti interne alla Polizia Penitenziaria confermano la possibilità per tutti di accedere al corso di informatica e a laboratori vari. «Lui è sicuramente un ragazzo esuberante – spiega Aldo Di Giacomo, segretario generale della S.Pp. - ma l’accesso ai social non è mai autorizzato», puntualizza, spiegando che il sindacato «chiederà verifiche» sulla denuncia dei genitori di Michelle. «Gli insegnassero l’educazione civica - interviene la mamma - altro che informatica». «Non è possibile, dopo che ti ammazzano una figlia in quel modo, subire pure questa umiliazione. Adesso basta. Chiediamo che la giustizia faccia il proprio dovere, non che gli diano ospitalità lasciandolo libero di guardare i profili social delle amiche della sua vittima».

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